Due scommesse assolute.
Il disgusto per una politica vecchia e sempre meno trasparente – fino ad arrivare a collusioni impressionanti con la malavita – ma anche semplicemente il fastidio per establishment che sembravano immutabili e intoccabili ha partorito due mostri: di aspetto gentile, di buona presenza scenica e oratoria, oltre che con una bella testa, naturalmente, però due mostri (e lo diciamo puramente nel senso di “presenze inusitate”). O almeno due alieni, completamente da scoprire alla prova delle responsabilità amministrative più alte. Virginia Raggi e Chiara Appendino: a loro due, le ultime proposte vincenti lanciate da quella fabbrica di volti nuovi che è il Movimento Cinque Stelle, spetterà la guida di due città del calibro di Roma e Torino.
Eh sì, perché non si tratta più di “semplici” capoluoghi di provincia (anche se, va detto, la vittoria è del M5S anche a Carbonia): stavolta ai grillini toccherà dirigere, con due giovani donne (la Raggi poco meno che quarantenne, la Appendino poco più che trentenne) due città-colosso. Una, la Raggi, succede al caos dell’ultima fase dell’amministrazione Marino e alla commissariatura Tronca, e diventa la prima donna sindaco della storia della Capitale; l’altra, la Appendino, raccoglie invece il testimone da un protagonista assoluto della storia recente della sinistra italiana, l’ex segretario Ds ed ex ministro degli Esteri Piero Fassino.
Che non aveva certo dato segni di cedimento nel corso della sua sindacatura, anzi contava di uscire dalla nuova prova elettorale più forte di prima. E forse è proprio per questo che la vittoria della Appendino sotto la Mole è, se possibile, anche più clamorosa di quella, comunque storica, della Raggi all’ombra del Cupolone. Sul piano dei numeri, invece, non c’è storia: l’exploit della Raggi è da brividi, il suo 67,2% dei consensi travolge e seppellisce il pur bravo dem Roberto Giachetti, che deve accontentarsi di un 32,8% e della prospettiva di diventare il leader della prossima opposizione comunale. Un po’ meno larga, invece (rispetto a quella della Raggi, naturalmente), la vittoria della Appendino a Torino, ma sempre epocale, soprattutto se, come abbiamo detto, si considera che è stata ottenuta contro uno sfidante come Fassino: 54,6 la percentuale di voti a favore della grillina, 45,4 quella ottenuta dal primo cittadino uscente.
Questi, dunque, i verdetti più eclatanti dei ballottaggi amministrativi di ieri, domenica 19 giugno. Per quanto riguarda la Raggi, però, va detto che ad onor del vero il suo trionfo non è una che una conferma dell'orientamento già manifestato nel primo turno. Lo stesso discorso si può fare anche per le due roccheforti che il Pd riesce a conservare. Parliamo naturalmente di Bologna, dove l’uscente Merola, al secondo turno, riesce a recuperare sulla leghista Borgonzoni un distacco degno delle migliori tradizioni rosse felsinee (all’ombra delle due Torri tra i due è finita esattamente con lo stesso distacco che c’è stato a Torino tra Appendino e Fassino); e di Milano, l’unica vittoria veramente renziana di questa tornata, con l’ex commissario Expo Giuseppe Sala che la spunta su un avversario di centro-destra più che degno, Stefano Parisi. Le cifre percentuali non sono bulgare, ma Milano è pur sempre Milano: 51,7% per Sala, 48,7% per lo sfidante ex collaboratore di Gabriele Albertini.
Conferma del trend del primo turno anche a Napoli; qui Luigi de Magistris succede a se stesso, ed esattamente come era accaduto cinque anni fa (e con lo steso avversario al ballottaggio, il candidato di centro-destra Gianni Lettieri), la sua è sostanzialmente una vittoria del proprio carisma personale, che si è poggiata sulla sinistra antagonista e alternativa, fuori dal Pd e anzi in opposizione ad esso. Quote grilline per l’ex magistrato, che resta a Palazzo San Giacomo forte di un 66,8% (Lettieri invece non supera il 33,2%).
Il centro-destra, sparito dai radar nelle città che più contano, si consola conquistando una serie di capoluoghi di provincia, in primis Trieste dove un grande cavallo di ritorno, Roberto Dipiazza, sindaco dal 2001 al 2011, batte l’uscente Cosolini (centro-sinistra) con un buon margine: ad incoronare il Di Piazza ter è un bel 52,6%, mentre lo sfidante esce di scena col 47,3%. Vanno al centrodestra anche Grosseto, Olbia, Pordenone, Novara, Benevento (grazie ad una vecchia volpe come Clemente Mastella) e Savona.
A Isernia, in uno specialissimo derby di destra, il candidato di Fratelli d’Italia si è imposto su quello di Forza Italia. Da segnalare infine a Latina e a Crotone la vittoria di due candidati indipendenti. Riepiloghiamo qui tutti i risultati di “provincia”(in grassetto i nomi dei vincitori).