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Cosa sono le Foibe? Lo abbiamo chiesto al responsabile del Comitato 10 Febbraio

Ieri, in occasione del Giorno del Ricordo, abbiamo voluto intervistare Marco Di Michele Marisi, responsabile abruzzese del comitato 10 Febbraio

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Ieri, in occasione del Giorno del Ricordo, abbiamo voluto intervistare Marco Di Michele Marisi, resonsabile abruzzese del comitato 10 Febbraio. Il comitato nasce con l’obiettivo di sensibilizzare e informare l’opinione pubblica sulla storia plurisecolare di una regione italiana di confine, da sempre connessa per lingua, cultura e tradizioni con la penisola italica, e sulla tragedia delle Foibe.

È una breve intervista, che il giovane rappresentante del comitato ci ha voluto concedere con la massima disponibilità, ricca di spunti di riflessione su una tragedia poco conosciuta e ancora per certi versi marginalizzata.

Lei è responsabile abruzzese del Comitato 10 Febbraio, nato proprio per ricordare i tragici eventi sul confine orientale e in Dalmazia. Se dovesse spiegare ai più giovani cosa sono le foibe cosa racconterebbe?

“Le foibe sono innanzitutto delle cavità carsiche, quindi dei vuoti nel terreno profondi decine e qualche volta centinaia di metri. E sono stati lo strumento per uccidere migliaia e migliaia di Italiani, nel secondo dopoguerra, facendoli inghiottire dalla terra, forse nella speranza, per gli assassini, che nulla venisse più fuori, che nessuno potesse essere colpevolizzato perché non si sarebbero trovati i corpi.”

“E invece la storia, seppur qualche volta come in questo caso molto lentamente, restituisce la verità. I partigiani di Tito e quelli italiani, hanno operato una vera e propria pulizia etnica. Sì, si può parlare di pulizia etnica quando si uccide non per credo politico, religioso, per motivi di sesso, ma indistintamente perché si appartiene ad un popolo, che in questo caso era quello italiano. Nelle foibe, è bene sottolinearlo, ci sono finiti italiani, che fossero uomini, donne, fascisti o antifascisti non era importante.”

“I partigiani agli ordini del maresciallo Tito, coinvolgendo anche diversi “affiliati” italiani, dovevano “jugoslavizzare” le nostre terre. E questo, lo hanno fatto sterminando il popolo figlio di quella terra e costringendo all’esodo tutti quelli che volevano salvarsi la pelle.”

Perché è importante ricordare questi tragici eventi?

“È importante per conoscere la nostra terra, le radici, la storia della nostra Nazione, dei nostri padri, dei nostri nonni, e perché mai più nessuno sia costretto a subìre quello che ha dovuto subìre il popolo giuliano. Conoscere la storia per non ripetere il male che è stato fatto.”

Domanda provocatoria: a coloro che giustificano o cercano di contestualizzare quei tragici eventi mettendo in luce la voglia di vendetta dei titini degli anti-fascisti cosa risponde?

“Che non conosce la storia. Perché nelle foibe ci sono finiti anche gli antifascisti.”

In conclusione. Il lavoro delle associazioni degli esuli, del Comitato e di chi ha voluto togliere il velo di omertà che nascondeva la verità di questi tragici eventi è finito o crede che ci sia ancora da fare?

“Tanto è stato fatto in questi anni, superando grandi resistenze di scuole e addirittura Istituzioni.  Questo non significa che ci si deve fermare qui: il ricordo deve rimanere vivo, e per fare questo occorre alimentarlo.

Ma c’è ancora una cosa che manca e sulla quale bisogna ora concentrare gli sforzi: far sì che quello della tragedia delle foibe e dell’esodo sia un ricordo condiviso e non solo di una parte. Solo così, ci sarà vera pacificazione nazionale.”

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