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Cina, l'estate di fuoco del Dragone

A picco import ed export

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La calda estate 2015 decisamente non ha fatto bene alla “esplosiva” economia cinese, anche se il processo di “involuzione” è in realtà in corso dal 2012.

Ad agosto i dati sul commercio fanno registrare un nuovo rallentamento. Piange il settore export, costretto a lamentare, dati di marzo alla mano, un calo annuo del -6,1%, ma comunque inferiore alle attese (monetizzando in base ai dati delle Dogane, è pari a 1200 miliardi di yuan, cioè centosessantotto miliardi di euro).

Sempre meglio di luglio, comunque, quando l’arretramento era stato dell’8,9%. Le lacrime veramente amare, però,  sono quelle che deve versare il settore import, sceso bruscamente  a -14,3% (a luglio eravamo al -8,6%) quando esperti ed osservatori avrebbero scommesso non su una perdita minimizzata il più possibile, bensì su un incremento da bolide di F1, +12%. Qualche osservatore incolperebbe di questo quadro l’indirizzo tendenzialmente protezionistico del governo di Pechino, proprio quello aspramente stigmatizzato nel recente G20 di Ankara

L'export che frena miracolosamente la propria tendenza suicida consente al surplus commerciale di non far perdere il sorriso: quello, infatti, continua a restare soddisfacente,  e al tramonto di un’estate critica (se non proprio di crisi) conserva un invidiabile +20,1%. Sempre parlando in termini monetari, si tratta di 60, 24 miliardi di dollari. A luglio erano stati 48.  Ed alla fine, in vista di un autunno che potrebbe essere altrettanto caldo, è questo ciò che conta, più che le “dita nel costato” affondate da diverse riviste autorevoli nel settore, tra cui la nostra Altro Consumo (www.altroconsumo.it).

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