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Svizzera, vai a votare

7 marzo 1971: nel paese elvetico viene concesso il diritto di voto alle donne

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Nella conosciuta e onesta patria della cioccolata e degli orologi a cucù le donne hanno avuto la possibilità di presentarsi ad esprimere le loro idee politiche e sociali “solo” quarantaquattro anni fa.

Le donne svizzere sono tra le ultime che in Europa si sono presentate davanti ad un urna elettorale e hanno dichiarato la propria candidatura a qualsiasi carica politica, dopo un percorso durato quasi un secolo e tutt'altro che facile.

Sono le donne di Zurigo nel 1868 a depositare una prima istanza, in occasione della revisione della Costituzione cantonale, fondando poco dopo un sindacato di sole donne lavoratrici che nel 1893 chiederà ufficialmente il diritto di voto e l'eleggibilità delle donne, invano, che le porterà poi nel 1909 a fondare l'ASSF, Associazione Svizzera per il Suffragio Femminile.

Nonostante l'appoggio del Partito Socialista svizzero però la richiesta femminile rimane lettera morta, poco importa se nel 1893 in Nuova Zelanda le donne avevano già ottenuto questi diritti fondamentali: Il voto alle donne? Ma non fate ridere! Il loro cervello è più piccolo di quello degli uomini, il che prova che sono meno intelligenti. Sono portate all’estremismo, e andrebbero a manifestare senza neanche chiedere il permesso dei mariti. E poi non si favorirebbe l’uguaglianza sociale perchè una donna per modestia non andrebbe mai a votare quando incinta, ed essendo risaputo che le donne di campagna fanno molti più bambini delle cittadine, queste ultime godrebbero di un ingiusto vantaggio. E se le donne venissero poi elette, che umiliazione per i loro mariti! Sarebbero costretti a cucinare…

Così si esprimeva un politico elvetico, di cui si sono perse le tracce, riguardo alla “malaugurata” ipotesi del suffragio femminile, che in conseguenza dell'arrivo di due guerre mondiali verrà accantonato, per far spazio a valori radicati e tradizionali, ben più importanti secondo la civile società svizzera.

Né il politico ciarliero né tutto il parlamento elvetico però avevano fatto i conti con la tenacia e la forza delle donne svizzere, che forse non venivano prese in considerazione per andare ad un seggio elettorale o peggio ad una carica politica ma venivano in mente per l'obbligo di salvare il sacro suolo nazionale: nel 1957 il Consiglio Federale vuole imporre alle donne di prestare servizio obbligatoriamente nella Difesa Nazionale, l'antesignana della Protezione Civile, ma  l’Unione svizzera delle donne cattoliche e l’Alleanza delle società femminili svizzere si oppongono in maniera netta, rifiutando qualsiasi impegno di alcun genere senza prima il riconoscimento giuridico che assurdamente gli viene ancora negato.

Così si arriva due anni dopo, nel 1959, al disegno di legge per introdurre il suffragio femminile proposto dal Consiglio Federale con votazione popolare.
Peccato che naturalmente ad esprimersi saranno soltanto gli elettori uomini, che respingono con quasi il 67% di voti la proposta.

Il risultato però incomincia uno sdegno, quasi impercettibile, che porta lentamente i singoli Cantoni elvetici ad aprirsi e rinnovarsi, fino ad arrivare al 1968, quando il Consiglio Federale deve ratificare la Convenzione europea sui diritti dell’uomo,  escludendo di fatto però il suffragio femminile.

Una posizione a dir poco illogica, che le donne svizzere decidono di sfruttare con proteste animate e manifestazioni, ispirandosi al Movimento di Liberazione della Donna e che portano i partiti politici ad una nuova votazione popolare il 7 marzo 1971, questa volta favorevole, con il 65,7 per cento di sì contro il 34,3 per cento di no al diritto di voto femminile e l'eleggibilità politica di donne nella Svizzera.

Seguiranno le prime elezioni con partecipazione femminile nell'autunno dello stesso anno, anche se a livello locale il tanto sospirato diritto sarà spesso digerito in maniera molto lenta, come nel caso del Cantone di Appezzello Interno, dove sarà necessario anche l'intervento del Tribunale Federale per far votare le donne con la risoluzione giuridica del 27 novembre 1990, che farà finalmente entrare le donne in un seggio il 28 aprile 1991, anno in cui tra l'altro sarà eletta la prima donna, la giurista Josi Meier, come Presidente del Consiglio degli Stati, che per l'occasione pronuncerà le seguenti parole: Soltanto oggi capisco veramente quegli uomini che all’inizio della mia carriera mi dicevano che il posto della donna è tra le mura di casa. Avevano ragione: le donne devono stare tra le mura della casa comunale, della casa del Cantone e di Palazzo federale.

Una storia che oggi, a molti anni di distanza ha quasi il sapore della “bufala”, di una notizia inventata o ingigantita come spesso succede ogni giorno o quasi nel mondo dominato da internet, ma che invece ci ricorda un'ignoranza strisciante, proprio da un popolo che tra l'altro non ha mai perso occasione di vantarsi nel corso degli anni della sua “innovazione e civiltà”, ad esempio ripudiando la guerra o approvando leggi a tutela della persona ma che per anni ha covato idee tutt'altro che civili e che nel giorno di oggi, dedicato a tutte le donne del mondo, è bene ricordare. 

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