Finalmente riprende il nostro viaggio all'interno delle bellezze di Tuturano, ma prima di cominciare questa nuova puntata di “Paesaggi tuturanesi” vogliamo ancora una volta ringraziarvi per tutto l'affetto che ci state dimostrando. La nostra rassegna ha ormai valicato i confini locali, ed è conosciuta anche dai tuturanesi che vivono altrove in Italia e in altre parti del mondo. Non ci aspettavamo davvero tutto ciò, e di questo ne siamo profondamente orgogliosi. La frazione ha davvero tanto da raccontare , come faremo anche in questa puntata. Il nostro articolo che parlava del bosco Colemi e dell'accampamento della fanteria “Piceno” , ha suscitato tanta curiosità e ci ha contattato la signora Elvira Zicola, la quale ha voluto farci presente che il campo di artiglieria si trovava a sinistra di via Colemi, nella zona dell'attuale campo sportivo. Ecco la testimonianza di Elvira che riportiamo per intero. “Mio suocero si chiamava Covini Giovanni, nato il 21 settembre 1915 e proveniva da Vacciago-Ameno (NO). Quando era venuto a Tuturano per il nostro matrimonio nel 1996, mio fratello lo aveva portato a fare un giro insieme a mio padre Carmelo e insieme a Mescio Roccu, che ricordavano appunto, che l'accampamento dell'artiglieria era sulla sinistra della via Colemi, zona campo sportivo di adesso”.
Questa è la testimonianza della signora Zicola, che ci aiuta se vogliamo ad introdurre il discorso di cui vogliamo parlarvi oggi. Ringraziamo di vero cuore la signora Zicola per aver fornito la sua testimonianza, anzi invitiamo chiunque conosca qualche particolare a parlarcene e a contattare la nostra redazione. Abbiamo bisogno anche del vostro aiuto per ricostruire la nostra storia.
Ma come detto, è ora di parlare dell'argomento di oggi dopo queste brevi note introduttive. Si tratta di una storia che a Tuturano è molto conosciuta, ma di cui si conoscono pochi particolari. In questa terza puntata ci siamo spinti nella piena campagna di Tuturano, precisamente a 3 chilometri a est della frazione brindisina, in direzione Mesagne. Qui ha sede infatti la masseria Paticchi, uno dei luoghi più particolari di tutta la zona, essendo stata un campo di prigionia per i militari inglesi, canadesi ed indiani.
Dobbiamo informare che Tuturano, al contrario di quanto si può credere vedendo un così piccolo paesino, durante la Seconda Guerra Mondiale e da sempre nella sua storia, è stato un avamposto molto importante a livello militare. La città, infatti, si prestava bene ad essere difesa in maniera naturale. La natura è stata generosa. Come già detto nelle puntate precedenti, Tuturano era circondata da una imponente foresta composta prevalentemente da querce da sughero e da tanti altri alberi. All'epoca non c'era il paese che tutti noi oggi conosciamo, ma fino ad una cinquantina di anni fa le case erano povere: l'attuale centro storico doveva essere composto perlopiù dalle caratteristiche “case a cannizzo”. Il paese poi ha cominciato ad espandersi dalle parti di via Stazione e anche verso il centro storico, dove antichi edifici sono stati inglobati nella moderna cittadina. Vista la sua naturale posizione, protetta dai boschi e con importanti campi a livello militare, Tuturano fu risparmiata dai bombardamenti che interessarono Brindisi. Anche perché i piloti degli aerei inglesi sapevano benissimo che in zona c'era il PG85, per cui non potevano rischiare di fare vittime tra i loro stessi concittadini. Si ricorda solo la caduta di un razzo in piazza Regina Margherita che non provocò alcun danno.
Il cosiddetto campo PG85 impropriamente viene chiamato campo di concentramento, per questo nella mente della gente si fanno spazio le cruente scene che si verificavano in questi luoghi, come accadeva ad Auschwitz. A Tuturano, è bene precisarlo sin da ora, non è mai accaduto niente di tutto questo. I campi di prigionia vennero allestiti durante la Seconda Guerra Mondiale per poter internare appunto i cosiddetti prigionieri di guerra. A Brindisi si ha contezza di due campi del genere: il PG454, dove erano prigionieri principalmente indiani, e il PG85, ubicato appunto presso la masseria Paticchi a Tuturano.
Si trattava di posti che erano ben conosciuti dalla Croce Rossa Internazionale, e che le autorità sanitarie monitoravano costantemente. All'interno di questi campi erano garantiti tutti i diritti fondamentali dell'uomo: ogni prigioniero, basti pensare, aveva a disposizione una stecca di sigarette e c'erano anche le carte per poter giocare. Si mangiava anche bene, almeno così si apprende da quelle poche testimonianze che ci sono rimaste. A volte però, nei campi di prigionia, il cibo scarseggiava, specialmente nei periodi in cui questi erano molto affollati.
A Tuturano ciò capitava spesso, in quanto si trattava di un campo di transito, dove i prigionieri di guerra venivano internati in attesa di essere trasferiti altrove. Dalle testimonianze di archivio si apprende che quando il cibo cominciava a scarseggiare, almeno a Tuturano, questo era insufficiente anche per i soldati che erano di guardia al campo. Ed è in questi momenti che i prigionieri ricordano di come la popolazione locale, conscia delle difficoltà, aiutasse le persone ospitate nel campo. I tuturanesi si recavano spesso al PG85, gettando oltre la recinzione di filo spinato alimenti di prima necessità e vestiario. A volte arrivava anche dell'ottimo vino locale. Così i prigionieri, ma anche i soldati, potevano rifocillarsi durante i periodi di magra. Durante questo tempo le condizioni igieniche non erano delle migliori, in quanto spesso anche i soldati dormivano su brande stese a terra. Durante le giornate di pioggia all'interno delle tende da campo si creava anche molto fango. Bisogna pensare, infatti, che i locali dell'attuale masseria vennero utilizzati ben poco durante il periodo del campo PG85. Verosimilmente qui trovavano alloggio solo gli alti ufficiali e il dispaccio, mentre i soldati semplici, che erano la maggioranza, venivano alloggiati in alcune tende da campo che si distendevano su una superficie di centinaia di metri, compresa tra l'attuale corpo di fabbrica della masseria e il Fiume Grande, che scorre duecento metri a est dalla masseria Paticchi. Conosceremo molto da vicino tra poco questo corso d'acqua. I sottufficiali venivano invece alloggiati in baracche di legno, di cui oggi si è persa ogni traccia.
Dobbiamo pensare al PG85 come una grande area recintata, protetta da filo spinato e sorvegliata dai soldati. Dai documenti in nostro possesso si apprende che la struttura di Tuturano doveva essere molto grande. Da un documento conservato presso l'Ufficio storico dell'Esercito , fu ritrovato un documento che all'epoca era tenuto segreto. Il documento in questione, riportato anche in una ricerca storica effettuata da Brundarte, recita così. “Situazione PG dell'Impero Britannico e suoi alleati divisi per nazionalità e grado alla data del 15 luglio 1942”.
A questo punto il documento elenca la situazione del campo di prigionia PG85 di Tuturano, dove al 15 luglio 1942 risultano internati 124 sottufficiali inglesi, 1.447 militari di truppa inglesi, 1 militare indiano, 16 sottufficiali sudafricani, 147 militari di truppa sudafricani, 10 sottufficiali neozelandesi-canadesi e altri britannici, 146 militari di truppa neozelandesi-canadesi e altri britannici, 2 ufficiali inferiori francesi degaullisti-polacchi-greci-norvegesi-slavi, 1 miliare di truppa francesi degaullisti-polacchi-greci-norvegesi-slavi. In totale al 15 luglio 1942 nel campo di Tuturano erano internati 1.894 militari. Questo dà l'idea delle grandi dimensioni del campo.
Abbiamo anche la testimonianza, preziosissima, di Trooper Gilbert MH Knott, militare della 4a Royal Tank Regiment, catturato in Nord Africa e portato presso il campo di Tuturano. Dopo essere sbarcato a Brindisi con una nave, il milite viene fatto arrivare a piedi al PG85 presso la masseria Paticchi. Egli ha annotato con cura tutti i particolari più significativi che gli sono capitati. La prima notte scrisse che la trascorse bene. Gilbert è stato prigioniero nel campo dal 1942 al maggio del 1945. Lo stesso Trooper ricorda che presso il dispaccio del PG85 si potevano acquistare anche thè e libri, oltre al buon vino della zona. La Croce Rossa Internazionale provvedeva a rifornire il campo con pacchi provenienti dalla Nuova Zelanda, dal Canada e dall'Inghilterra. Particolare è la testimonianza che Trooper fa del 19 dicembre 1942, quando nel campo morirono 7 persone per polmonite, dissenteria e meningite.
Quello fu un periodo molto brutto per tutta la zona di Tuturano: stiamo parlando dell'epidemia di meningite che colpì la frazione tra il 1942 e il 1943
QUARANTENA
Tra il 1942 e il 1943 tutta la zona di Tuturano venne interessata da un'epidemia di meningite. Si tratta di una malattia infettiva molto pericolosa, che interessa il sistema nervoso centrale. A volte la malattia è asintomatica, ma a volte può essere fulminante e portare al decesso il paziente nel giro di qualche ora. Vista la pericolosità della patologia, che in quegli anni si stava diffondendo in maniera importante, le autorità sanitarie italiane decisero allora di mettere in quarantena tutta la zona di Tuturano, oggi diremmo in lockdown. Nessuno poteva entrare o uscire dall'area, che fu interdetta, e quindi neanche dal campo di prigionia.
Proprio in questo periodo si verificò uno dei pochi episodi violenti nel campo PG85. Forse a causa dell'epidemia, e spaventati per quello che stava succedendo, alcuni prigionieri tentarono di superare la rete di filo spinato per poter fuggire, ma vennero visti dai soldati e fatti rientrare. I prigionieri furono legati mani e piedi, questo in segno di punizione corporale per aver disobbedito alle leggi.
Bellissima è la storia del cuoco del campo PG85. Costui, di origini tuturanesi, durante il Natale del 1942 fece recapitare ai prigionieri numerose delizie, come torte e dolci. Anche in questo caso il tutto fu scoperto dai soldati italiani, che ammonirono severamente il cuoco ritenendolo colpevole di aver fatto entrare senza autorizzazione i dolciumi nel campo. Anche se riconosciuto colpevole, al cuoco non venne inflitta nessuna punizione corporale: le cronache raccontano che in tutti prevalse il buon senso, spinti anche dalle festività natalizie. Una storia che è ancora viva nelle persone più anziane di Tuturano.
LA NOSTRA VISITA
La troupe di Notizie Nazionali ha raggiunto la masseria Paticchi in un assolato pomeriggio di fine febbraio 2021. Da Tuturano, dopo aver preso un ottimo caffè in un bar della zona, sempre e rigorosamente in bici, ci spingiamo verso la strada provinciale che conduce a Mesagne. Imboccata via Pergola, ci immettiamo quindi sulla provinciale. Non possiamo non notare che le mappe segnalano ancora via Pergola anche sulla provinciale. Forse qualcuno spesso non ci fa caso, ma quando si imbocca la via per Mesagne in realtà si sta percorrendo un'antica strada romana, che un tempo collegava l'antica Tutorius a Mesagne. Tratti di questa strada sono stati scoperti nel corso di alcuni lavori all'altezza della masseria Cerrito, non lontano da Tuturano. Via Pergola prende il nome dall'antica palude, Palude de Pergola appunto così come indicato nei documenti medievali, che secondo i nostri calcoli doveva trovarsi proprio vicino all'attuale masseria Paticchi. Nei documenti medievali viene citata anche un'altra palude, Paluda Rotundam, che si trovava sempre nel territorio tuturanese, il quale era famoso sia per essere circondato da boschi che da acquitrini paludosi. Dopo essere usciti dal centro abitato, prendiamo subito la prima stradina a destra, lì dove c'è scritto strada per Paticchi. Ci immettiamo con le bici nel pieno della campagna tuturanese: di tanto in tanto i suoni della natura sono interrotti dalla potente elettricità che passa sui tralicci. Ci godiamo la strada che dopo una decina di minuti ci porta alla masseria. Prima di arrivare un ponticello passa sul Fiume Grande. Pochi sanno che questo antico corso d'acqua era importantissimo per tutta la zona. Arrivando a masseria Paticchi si può facilmente notare di come il terreno formi un grande avvallamento. Il corso d'acqua parte qualche chilometro a sud, vicino la strada provinciale, lì dove una volta doveva essere situata la palude Pergola, presumibilmente nell'area situata davanti al bosco di Santa Teresa. Fiume Grande raccoglieva le acque della palude e la trasportava fino al mare, precisamente nei pressi dell'attuale zona industriale, lì dove oggi si trova ancora l'importante foce del corso d'acqua. Attualmente la foce di Fiume Grande ricade nel Parco Regionale Saline Punta della Contessa e qui, nonostante la vicinanza del polo petrolchimico e della centrale di Brindisi Nord ex Edipower, trova casa un'ampia e importante fauna, sia marina che terrestre, come i rarissimi e bellissimi fenicotteri rosa.
Il Fiume Grande appare però in secca, e nel suo alveo ci sono rifiuti di ogni tipo: un pessimo biglietto da visita sicuramente: durante la Seconda Guerra Mondiale e al tempo del PG85 il corso d'acqua veniva usato anche come latrina da campo. Davanti a noi, invece, si staglia in tutta la sua imponenza il fabbricato della masseria Paticchi. All'ingresso del cortile c'è un edicola, ancora intatta, con due statuette dei Santi Medici, Cosma e Damiano, un culto a cui la popolazione tuturanese è molto devota. Tranquilli, presto ne parleremo ampiamente. Parcheggiamo le bici e cominciamo l'esplorazione. Alcuni fabbricati ancora oggi, a quanto pare, vengono usati di tanto in tanto per lavori agricoli o come deposito attrezzi. Gli interni sono comunque sporchi, segno che la struttura è nel degrado più completo. Stiamo come sempre attenti a dove mettiamo i piedi, anche perché nel cortile la vegetazione è folta. Anche questa volta, come successo a Colemi, decidiamo di esplorare a fondo i locali. Non possiamo non notare una scala. La percorriamo, arrivando sul secondo piano della masseria. Da qui si accede al tetto. Ben presto ci rendiamo conto che ne è valsa la pena. Il pomeriggio è caldo, la vista spazia per chilometri sull'intera zona. Il mare si vede a malapena, segno che siamo davvero nell'hinterland del territorio. Intorno a noi c'è solo la grande campagna tuturanese, il corso del canale e alcuni boschi. Un altro ingresso ci introduce in un altro tetto. Rimaniamo quasi incantanti. Nonostante la struttura stia cadendo a pezzi, sul solaio cresce un albero , forse un pesco, tutto pieno di fiori. Immortaliamo il tutto con le fotocamere dei cellulari: uno spettacolo unico. Continuiamo poi con l'esplorazione del cortile, lì dove un tempo c'erano le baracche dei soldati e le tende in cui venivano ospitati anche i prigionieri. Fa impressione la grande struttura ad archi che si può vedere dal terreno retrostante la masseria. Qui, quando l'edificio era adibito ad azienda agricola, trovavano molto probabilmente alloggio gli inservienti e le loro famiglie.
Un enorme albero è riuscito a farsi spazio addirittura crescendo in un locale della masseria: i suoi rami fuoriescono dalla finestra creando un gioco di luci e una situazione unica. Nel cortile sembra ancora di sentire tutti quegli uomini che vennero tenuti prigionieri per molto tempo in questo luogo. Proviamo anche ad immaginare, solo per qualche secondo, un momento di vita nel campo. Sentiamo i passi dei soldati che percorrono in un lungo e largo il PG85, vicino ad una baracca alcuni prigionieri hanno allestito un tavolino giocando a carte e bevendo del buon vino. In una tenda un soldato prigioniero scrive una lettera ai suoi familiari di un Paese estero.
Scene, sprazzi di vita quotidiana, che in questa masseria sono avvenuti davvero.
Dopo aver assaporato ancora per qualche momento l'aria mite, è tempo di imboccare nuovamente la strada per Tuturano. Ma la natura è madre sempre generosa, e prima di lasciare la zona ci offre un altro spettacolo, facendoci conoscere un ospite che si aggira nei cieli di Tuturano. All'improvviso un bellissimo falco di palude si libra in volo nei campi, non lontano dal canale. Il grosso rapace è a caccia ed è riconoscibile dal suo manto marrone. Il falco passa proprio sulle nostre teste, quasi a volerci salutare, per poi sparire tra alcune piantagioni di carciofi.
Riprendiamo la strada provinciale e rientriamo a Tuturano, ben consapevoli di aver vissuto momenti unici, in un luogo che è simbolo della storia della frazione ma anche di tutta Italia. Di un periodo comunque non facile per la nostra nazione, quello della Seconda Guerra Mondiale. Proprio come allora, e come ci ricorda la storia dell'epidemia di meningite che colpì Tuturano, la storia è destinata a ripetersi. Neanche oggi per tutti noi, a causa della pandemia provocata dal Covid-19, è un momento facile. Ma quell'albero in fiore sul tetto della masseria, che staglia i suoi rami contro il cielo azzurro, ci ricorda che anche nelle situazioni più difficili può e deve esserci vita. E che forse, a breve, il sereno e la normalità potranno ritornare nelle nostre vite.
Ma come diciamo sempre, nei nostri viaggi non c'è tempo per essere tristi. Con quell'immagine dell'albero in fiore, che tanto somiglia a quello dipinto nella chiesetta antica della Madonna del Giardino, pensiamo già alla quarta tappa della nostra rassegna “Paesaggi tuturanesi” di sabato 6 marzo. Vi porteremo a scoprire un angolo poco conosciuto della zona, ovvero la masseria Specchia. Ci inoltreremo ancora nelle campagne per far emergere tantissimi altri particolari. Perché c'è un motivo se a Tuturano c'è una via il cui nome è Specchia. Un toponimo che ha a che fare con il nome stesso di Tuturano, unico nel suo genere, che ha mantenuto sia il suffisso messapico che quello romano. Tutorius, ovvero “guardiano”, “protettore”. Siamo sicuri che rimarrete senza parole. A sabato prossimo con “Paesaggi tuturanesi”.
ITINERARIO TUTURANO-PATICCHI
Come ogni finale di puntata vi proponiamo l'itinerario più utile per raggiungere i posti e visitare quello i luoghi di cui parliamo in ogni appuntamento della rassegna. Per raggiungere masseria Paticchi si può scegliere sia l'auto che la bici. Nelle giornate di primavera è consigliabile prendere una bici, anche semplice e non professionale, con cui si può facilmente raggiungere il posto e nel frattempo godersi la bellezza del paesaggio.
ITINERARIO IN BICI
Con la bici, per chi viene dal paese, bisogna dirigersi verso piazza Margherita e da qui imboccare largo Carità, dove c'è una graziosa fontana di epoca fascista. Da qui bisogna imboccare via Madonna del Giardino passando davanti alla chiesa e poi girare subito a destra in via Paticchi. Arrivati all'incrocio bisogna girare a sinistra e da qui imboccare via Macedonio. Proseguire quindi sulla destra in direzione Mesagne imboccando via Pergola. Alla rotatoria subito all'uscita dal paese, proseguire sempre verso Mesagne e tenere la destra: attenzione ai veicoli, siete sulla provinciale ed è una strada ad alta percorrenza. Dopo quasi un chilometro, subito dopo la prima curva, c'è sulla destra un'insegna che vi informa di essere arrivati all'altezza di strada per Paticchi. Girare quindi a destra e proseguire per un paio di chilometri sulla stradina asfaltata percorrendo la campagna tuturanese. Se siete fortunati potrete vedere librarsi in aria degli splendidi falchi di palude o il falco pellegrino. Arrivati alla masseria Paticchi, inconfondibile con la sua edicola dei Santi Medici e con i cipressi che sono all'ingresso, entrate nel largo spiazzo e quindi godetevi il posto. Massima prudenza, in quanto gran parte dell'edificio è pericolante. Limitatevi ad osservare il posto e si raccomanda di evitare agli assembramenti a causa della diffusione del Covid-19. Per tornare a Tuturano si può rifare a ritroso la stessa strada, più adatta ad una passeggiata in bici in quanto a punti a volte sterrata.
ITINERARIO IN AUTO
Questo itinerario che vi stiamo consigliando è preferibile farlo in auto, in quanto c'è da affrontare un bel tratto di strada provinciale 81 Tuturano-Mesagne. Con la massima prudenza però si può fare anche in bici. Con questo itinerario sia ha una visuale maestosa sulla masseria, in quanto si entra dal vecchio ingresso dell'azienda agricola. Da Tuturano imboccare sempre largo Carità e seguire per via Macedonio e via Pergola. Alla rotatoria all'uscita del paese proseguire per due chilometri. Bisogna lasciarsi il bosco di Santa Teresa sulla sinistra e fare un paio di curve. Superato il Fiume Grande, lo cooscerete in quanto vi troverete a passare su un grande canalone, dopo neanche un centinaio di metri, sulla destra, ci sono due piloni su cui vi è scritto Azienda Agricola sul sinistro e su quello destro Paticchi. Prendere il sentiero sterrato e la masseria praticamente è davanti a voi: si notano i cipressi anche dalla strada e l'imponente edificio di Paticchi è visibile sulla destra subito dopo aver superato il bosco di Santa Teresa. Da qui si può tornare a Tuturano facendo la stessa strada, che è più comoda in quanto con i veicoli a motore si percorre meglio.
testi Federico Sanapo
foto F.Sanapo - M.Colucci
ricerca storica: (ricerche d'archivio - sito Brundarte)