Anche in anni di crisi, una crescita in Italia c’è stata.
Una crescita della decrescita, in realtà, sul fronte demografico. Dal 2008 a oggi inarrestabile è stato infatti il calo delle nascite, che nel 2017 ha toccato il boom. Anzi, l’anti-boom: all’anagrafe dei nuovi nati, infatti, sono risultati iscritti 458.151 bambini (nel 2008 i bambini venuti alla luce erano stati 577.000). Istat dixit. Si tratta del minimo storico dall’Unità d’Italia. Per gli amanti dei dati comparativi sul breve-medio periodo, si può dire che la riduzione del numero dei fiocchetti celesti e dei fiocchetti rosa è pari a oltre 15.000 unità in meno rispetto al 2016 (-3,2%) e a 120.000 in un arco di tempo compreso negli ultimi nove anni.
L’emergenza natalità ha capovolto l’Italia: fino a poco tempo fa un sud in ritardo di sviluppo rispetto al nord poteva almeno compensare con un maggior numero di figli, oggi invece è proprio il nord a tirare la volata nel reparto ostetricia. Ai primi posti si classificano infatti le province del Trentino-Alto Adige (nel Bolzanino il numero medio di figli per donna è 1,75 , nel Trentino si attesta a 1,50), seguite dalla Valle d’Aosta (1,43) e dalla Lombardia (1,41). Segno che dove si sta meglio economicamente e si lavora di più ci sono anche le condizioni e le motivazioni per una maggiore procreazione. Le regioni meridionali possono parzialmente consolarsi constatando che non sono comunque loro il fanalino di coda delle nascite: quel ruolo, infatti, spetta al centro, dove il decremento della natalità è stato del -5,3% rispetto all’anno precedente.
Ciò che non consola per niente, invece, è il fatto che i decessi nell’ultimo anno sono stati 647.000, 31.000 in più del 2016. Solo mille in meno rispetto al 2015: l’anno della ripresina renziana ma anche di un record storico, quello del maggior numero di morti dalla fine della seconda guerra mondiale.
“L’Italia sta morendo”, è il drammatico commento del Forum delle Associazioni Famigliari. “Anche quest’anno l’Istat ha diramato un bollettino di guerra.” Sullo stesso tono il prof. Giancarlo Blangiardo, ordinario di Demografia all’università di Milano-Bicocca. Questi ha ricordato come, nella storia d’Italia, la bilancia del ricambio demografico si sia trovata a pendere così nettamente dalla parte dei decessi soltanto in altre due occasioni, “nel 1917 e nel 1918, anni drammatici tra epidemia di spagnola ed effetti della prima guerra mondiale”.