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Fanghi in Agricoltura: la Shift ricorre al Consiglio di Stato per annullare la Sentenza del TAR Sardegna

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Dell'utilizzo in Agricoltura dei Fanghi provenienti da Impianti di Depurazione in Sardegna ci eravamo occupati lo scorso anno durante l'inchiesta sull'Impianto di Trattamento dei Rifiuti di Tossilo.

Ci eravamo imbattuti in questo complesso tema perché la Provincia di Nuoro con la Determinazione N. 1332 del 10 Agosto 2015 aveva bloccato una serie di attività del Depuratore Consortile di Macomer, nel quale venivano convogliate anche le acque reflue e i rifiuti liquidi contenenti sostante pericolose provenienti dall'Inceneritore di Tossilo: tra queste attività, la Provincia bloccava lo spargimento sui terreni agricoli dei Fanghi prodotti dallo stesso Consorzio.

A smaltire i Fanghi prodotti nel Depuratore del Consorzio Industriale di Macomer era la Shift S.r.l., azienda con sede a Cagliari riconducibile alla Famiglia Villa Santa.

Ci imbattiamo nuovamente nella Shift perché la società ha deciso di ricorrere al Consiglio di Stato contro la Sentenza del Tar Sardegna datata 10 Giugno 2016 con la quale il Tribunale Amministrativo aveva rigettato un ulteriore ricorso presentato dalla stessa azienda contro la Provincia di Nuoro, il Comune di Cagliari e la Regione Sardegna per il Divieto di usare in agricoltura i Fanghi provenienti da Impianti di Depurazione Non Autorizzati.

Una vicenda che risale ad Atti del 2011, sui quali il Tribunale si era espresso già allora in sede cautelativa respingendo la richiesta della Shift ed emettendo poi sentenza nel Giugno 2016, rigettando definitivamente il Ricorso e condannando la società al pagamento delle spese processuali.

Per entrare nel merito della questione, il tema è quello della provenienza dei Fanghi ( nella sentenza sono citati anche quelli provenienti del Consorzio Industriale di Ottana, la cui autorizzazione sarebbe scaduta) : secondo la Shift infatti non sarebbe la provenienza dei Fanghi il nocciolo della questione, ma la loro qualità, per cui essi debbono garantire il “rispetto dei parametri legali previsti affinché il loro reimpiego risulti appropriato”.

Secondo il Tar invece “la vigilanza sulla fase finale del ciclo di produzione e su quanto prodotto non sembra razionalmente scindibile dalle caratteristiche degli impianti di depurazione e dalla loro idoneità a trattare le acque secondo i parametri normativi legislativamente fissati” e quindi l'autorizzazione è vincolante perché ha come obiettivo quello “di assicurare che gli impianti di depurazione garantiscano adeguate forme di protezione dell’ambiente che recepisce le acque prodotte e scaricate … e il possesso dell’autorizzazione costituisce una condizione essenziale e preliminare per assicurare la qualità dei fanghi da utilizzare nell’attività agricola”.

Che i fanghi «devono provenire da impianti di depurazione autorizzati allo scarico” è previsto da una direttiva Regionale, che la società ricorrente però contesta richiamando le disposizioni di legge statali: anche in questo caso il Tar rigetta, perché i divieti introdotti dalla Regione sono ragionevoli nell'ottica della tutela della salute pubblica e dell'ambiente.

Stessa sorte per gli altri 2 motivi impugnati dalla Shift: quello relativo al divieto di utilizzo di fanghi prodotti da depuratori che trattano acque industriali contenenti sostanze pericolose ( i fanghi sono il risultato del trattamento di quelle acque e quindi vi è una correlazione – annota il Tar ) e quello relativo alla modifica delle soglie di concentrazione di sostanze pericolose effettuata dalle direttive regionale in senso più rigoroso e ritenuta dalla Shift illegittima.

Una sconfitta su tutti i fronti per la società leader dello spargimento in agricoltura dei fanghi provenienti dai Depuratori Sardi: una sconfitta alla quale segue appunto il ricorso al Consiglio di Stato che, come abbiamo visto anche recentemente sul Caso dell'Inceneritore di Tossilo, potrebbe ribaltare la situazione.

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