“Gente malvagia”.
E non i servizi segreti del Cairo. Dal presidente Abdel-Fattah al Sisi nessuna parola di vera, maggiore chiarezza. Solo un tentativo, piuttosto maldestro, di convertire un mistero politico, quale sotto molti aspetti continua ad apparire il caso del delitto Regeni, in un mistero degno di un libro di racconti neri. E se diventa leggenda, è questo il rischio concreto, sarà sempre più difficile scoprire la verità relativa alla morte del giovane ricercatore.
Al Sisi si è espresso proprio in questo modo, però. E in un contesto assolutamente ufficiale: un incontro parlamentare con esponenti politici, sindacati e ong, di cui ha scritto il 13 aprile il Daly News Egypt. Dietro l’omicidio di Regeni, a sua detta, ci sarebbero solo e soltanto criminali: ma quali, e quando avrebbero agito e perché non è dato saperlo. Di sicuro, non lo sa il presidente, che però tiene a ribadire che, in tutta la spinosa vicenda, il suo Paese ha tenuto costantemente un atteggiamento di “totale trasparenza”, se non altro perché i rapporti diplomatici con l’Italia sono di ottima qualità, anzi sono “unici”.
Il dito lo punta contro gli organi di informazione egiziani che, a suo parere, avrebbero stravolto il caso rendendolo assai più complicato di quello che effettivamente è, a causa della pubblicazione di “menzogne”. Ma il punto è proprio questo: il caso Regeni davvero può essere definito meno complicato di come, apertamente lo considera il presidente egiziano? Comunque nel suo j’accuse non c’è solo la stampa connazionale: la chiamata a correo coinvolge anche le autorità e quindi, lui stesso. “Noi egiziani abbiamo creato un problema con l’omicidio di Giulio Regeni”.
In mezzo a tali ammissioni, al Sisi ha infilato anche le condoglianze per la famiglia dello studioso e giornalista freelance.