140 morti, un mare di silenzio, nessun colpevole.
10 aprile 1991. La motonave Moby Prince della Navarma lascia gli ormeggi del porto di Livorno in direzione Olbia, Sardegna. A bordo 65 uomini d'equipaggio e 75 passeggeri.
Intorno alle 22.25 nelle acque di transito del porto livornese si verifica una collisione con la petroliera Agip Abruzzo: dall'urto con la cisterna 7 parte del petrolio contenuto si rovescia sulla prua del traghetto, prendendo poi fuoco per lo sfregamento delle lamiere.
Mentre i soccorsi vengono dirottati verso la petroliera sulla Moby Prince i passeggeri vengono messi in sicurezza nel salone De Luxe, in attesa delle squadre di emergenza che però giungeranno solo alla mattina, dopo che tutti i presenti a bordo sono morti, ad eccezione del mozzo Alessio Bertrand, calatosi dalla poppa della nave per evitare l'incendio e i suoi fumi tossici.
Venticinque anni dopo L'Ustica del mare – un parallelismo tutt'altro che ingiustificato – non ha ancora una verità da consegnare alla storia tra processi infiniti, omissioni, bugie eloquenti, misteri internazionali e promozioni, come quella dell'allora comandante della Capitaneria di Porto di Livorno Sergio Albanese, che dopo la notte della Moby Prince diventerà ammiraglio, nonostante la tutt'altro che meritevole conduzione dei soccorsi.
Un interrogativo, tra i tanti, che si è posto sulla vicenda il comandante Gregorio De Falco, divenuto suo malgrado protagonista di un'altra tragedia del mare, quella della Costa Concordia, che si interroga anche sul mancato apporto di Livorno Radio alle comunicazioni di emergenza nella tragica notte, costellate di strane interferenze e messaggi da navi fantasma.
Centoquaranta sedie vuote al porto di Livorno saranno il ricordo e la protesta dolorosa delle associazioni che raggruppano i familiari e gli amici delle vittime contro quel silenzio che da troppo tempo copre la tragica vicenda.
Vicenda che adesso vede all'opera una Commissione Parlamentare d'inchiesta, sul cui lavoro si nutre la speranza che possa esser fatta luce sulle troppe mancanze e omissioni di quella notte.
Giudizi penali a parte ci sono responsabilità morali e di coscienza che alcuni non potranno mai cancellare, nessun tribunale li assolverà per quello che hanno – o non hanno – fatto, come gli attacchi sul web, scatenati all'indomani della ricorrenza contro i siti internet della campagna social a favore della Commissione d'inchiesta e del libro Verità privata del Moby Prince non potranno cancellare le loro colpe.
La verità non si sotterra, si rimanda e basta.