Sono trascorsi vent'anni da quando la Brigata bersaglieri Garibaldi partì per la sua prima missione Nato in Bosnia dal porto di Salerno, tenendo il comando del contingente formato da circa 2000 uomini.
Era il 27 dicembre del 1995. La guerra civile nella ex Jugoslavia aveva prodotto oltre duecentomila morti, altrettanti feriti, donne violentate, uomini e bambini risucchiati nel vortice della pulizia etnica.
Un mattatoio che ha riproposto forme di violenza documentate da centinaia di immagini e proposte dai media in tutto il mondo.
Ai militari italiani, giunti a Sarajevo nel dicembre del 1995, quando ancora milizie e cecchini erano all' opera nel loro stillicidio quotidiano di morte, è toccato il rischioso compito di separare i contendenti, il presidio dei quartieri serbi, la frapposizione sulle linee che sono state per anni autentici campi di battaglia.
Gli accordi di pace firmati a Dayton sono stati applicati, le rettifiche di confine sono state eseguite, svolgendosi tutto con sufficiente ordine e soprattutto senza temibili e ulteriori spargimenti di sangue.
Oggi, a Sarajevo non si spara più e questo è già un grande risultato.
Il maxi attentato terroristico sventato dalla procura bosniaca e pianificato da un gruppo di estremisti vicini all' Isis è la dimostrazione - commenta la M.O.V.M. Ten. Col. Gianfranco Paglia, consigliere del Ministro della Difesa Roberta Pinotti - che quella è stata una missione di pace riuscita e ha dato un futuro che prima non c'era.
Ricordo quando andai in missione nel 1996/97 – continua il Tenente Colonnello - e girando nei campi profughi mi veniva chiesta la mia storia. Una volta conosciuta mi raccontavano la loro esperienza: ciò mi dava il segnale che eravamo sulla strada giusta.
La missione in Bosnia è stata anche un banco di prova per l'Esercito Italiano, nel senso che non vi erano militari di leva, ma volontari. Visti i risultati – conclude - direi che la prova è stata ben superata.