Partecipa a Notizie Nazionali

Sei già registrato? Accedi

Password dimenticata? Recuperala

Analizzare testi e parole per comprendere l'oggi. “Se non ti fai sverginare sei una sfigata” . Tutto vero quel che si scrive?

Un’analisi del discussissimo – e lettissimo – pezzo della Borromeo.

Condividi su:

Il 6 marzo Beatrice Borromeo ha pubblicato un articolo sul Fatto Quotidiano, titolato “Sesso a 14 anni, le adolescenti raccontano: “Se non ti fai sverginare sei una sfigata”. Ha destato molto scandalo e ha spopolato sui social network. È una ragazza di 14 anni, ancora vergine, a parlare della sessualità delle sue compagne di scuola. Una sessualità molto precoce e spesso non protetta. Totalmente slegata dai sentimenti, solamente occasionale. Il rito dello sverginamento è una liberazione che queste ragazzine celebrano con frasi tipo: “Finalmente mi hanno stappata!”, “Mi hanno sfondata!”. Questo è, in breve, il contenuto dell’articolo.
Le frasi virgolettate, che sono state attribuite a questa ragazza di 14 anni, sono di forte impatto emotivo, i contenuti suscitano stupore e preoccupazione. Ma, se poniamo l’attenzione sul linguaggio con cui sono stati espressi, vengono dubbi sulla veridicità dei contenuti.
Una prima, banale osservazione: la ragazza usa un linguaggio molto diretto e parla esplicitamente di sesso: utilizza ben 14 volte il termine “scopare” e sinonimi, come “darla”, “essere sfondata”, “essere aperta”, ecc. Ne parla senza vergogna, senza esitazioni, senza timidezza, nonostante sia ancora vergine e nonostante si trovi davanti a una giornalista. Un fatto che appare strano.
Inoltre, alcune frasi virgolettate sono inverosimili, dette da una ragazzina.
Primo esempio: “Scopare è come fumare una sigaretta”, “È una piccola trasgressione, nulla di più.”
Il termine “trasgressione” è usato dagli adulti, come giudizio verso alcuni comportamenti dei giovani.
È insolito che un’adolescente usi questo termine per parlare dello stesso mondo giovanile a cui lei appartiene.
Secondo esempio: “È una questione d’immagine, di status.”
Una frase che denota una certa consapevolezza del fenomeno della precoce sessualità nei giovani.
Una consapevolezza un po’ troppo matura, per una ragazzina che è ancora completamente coinvolta. Inoltre, il termine “status” (addirittura un latinismo!) sembra ‘cozzare’ con le altre espressioni giovanili, tipo “mi hanno aperta”, “in paranoia”, ecc.
Il tutto è contraddittorio.
L’articolo della Borromeo è linguisticamente inverosimile, incoerente, è falso.
Troppo faciale strumentalizzare un tema come il corpo delle donne, travestendolo da resoconto “fedele” di alcune esperienze giovanili, che in realtà di fedele non ha niente. Dipingere delle ragazzine come indemoniate, assetate di sesso, o meglio ossessionate dalla necessità di acquisire popolarità e ottenere a qualsiasi prezzo l’accettazione nel gruppo. Queste parole sono stereotipi che, se si mettono in bocca ad una ragazzina, si insinuano nell’emotività del lettore, che rimane talmente scandalizzato e angosciato da non interrogarsi sulla veridicità dei contenuti e prendere tutto per buono.

Condividi su:

Seguici su Facebook