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Tour de France, la prima volta di Thomas

Corsa amara per l’Italia

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Non è stato un Tour per gli italiani.

Non una volta la maglia gialla è passata dalle spalle di un corridore italiano;  e non si legge il nome di un italiano nell’elenco dei vincitori di tappa. In un mese di luglio che comunque sorride allo sport di casa nostra grazie alle affermazioni individuali  e di squadra  ai Mondiali di scherma, l’italo pedale è stato una presenza muta sulle strade di questa centocinquesima Grande Boucle.  Non accadeva da un po’.

Peggiorato il trend dello scorso anno, quando ad inorgoglirci era stato almeno l’effimero successo di Fabio Aru a La Planche des Belles Filles (effimero perché non ebbe seguito): era il 5 luglio 2017. Il nostro unico souvenir di quest’ultima corsa gialla, invece (anche se sembra piuttosto un ottimo pretesto  per un’operazione di damnatio memoriae) , sarà la data, famigerata, del 19 luglio: il pomeriggio del gran misfatto compiuto ai danni di Vincenzo Nibali.

Lo scenario è quello di una delle tappe regine del Tour: la dodicesima, 175 km da Bourg-Saint- Maurice, deliziosa stazione sciistica, all’Alpe d’Huez. Non manca molto all’arrivo sulla fatal cima (4 km), e lo squalo calcidese, fino  quel punto della competizione rimasto in penombra, sembra finalmente intenzionato ad uscire allo scoperto. Ma ecco accadere l’imprevedibile: il collare della macchina fotografica di un tifoso letteralmente arpiona la sua bicicletta, e in malo modo lo disarciona. All'inizio si era addirittura parlato di uno scontro con un'auto della gendarmerie. La caduta è brusca e ha conseguenze pesanti (frattura alle vertebre) ma l’eroe dello Stretto, stoicamente, si rimette in sella e riesce ad arrivare a soli tredici secondi dal vincitore, la maglia gialla Geraint Thomas. Intende forse dimostrare, il campione della Bahrain-Merida, che ce la fa, nonostante le circostanze avverse? No, semplicemente non vuole ammainare bandiera prima di aver varcato il traguardo: si ritira il giorno dopo, esito obbligato. 

In quel momento Thomas, britannico della Sky, era leader di classifica da appena una tappa. Il giorno prima a La Rosiére, infatti, si era preso la vittoria di giornata e la maglia gialla, sfilandola a Van Avermaet, belga della BMC. Partito come gregario di Froome, il pistard di Cardiff finirà per cannibalizzare il tour, sulla scia di quanto fatto dal suo “principale” negli ultimi tre anni. Proprio il successo all’Alpe d’Huez gli avrebbe dato quella solidità necessaria per mantenere  la cima del podio senza scossoni fino alla passerella di gala degli  Champs Élysées.

Nella translatio imperii tutta interna alla graduatoria generale della corsa, Thomas arrivava come quarto egemone. Come detto,  il vincitore del tour ha spezzato la leadership di Van Avermaet, che a sua volta si era insediato al vertice ai danni di Peter Sagan, maglia gialla per un giorno, proprio come Fernando Gaviria, il pirata colombiano della Quick-Step primo trionfatore di questa edizione.

Un rapido sguardo alle altre maglie. Quella verde della classifica a punti va, per la sesta volta nella sua carriera, allo slovacco Sagan, in forza alla Bora-Hansgrohe. La maglia a pois che “incorona” il miglior scalatore se la aggiudica Julian Alaphilippe della Quick-Step, propheta in patria al pari  di  Pierre Latour, che si porta a casa la maglia bianca riservata al miglior giovane.

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