“Io sono figlio delle primarie”.
Primarie perse una volta, nel 2012 contro Bersani, e poi vinte trionfalmente l’anno dopo, contro Cuperlo e Civati. Quelle che gli consentirono di diventare segretario del Pd, anticamera della sua ascesa a Palazzo Chigi. È infatti il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, a fare questa ammissione in un’intervista contenuta nell'ultimo libro di Bruno Vespa, Donne d’Italia, uscito in libreria il 5 novembre, per i tipi di Mondadori-Rai Eri. Per il premier, un'opportunità di tirare le somme dopo circa un anno e mezzo di governo.
La sua ammissione non ha soltanto un valore meramente autobiografico. È anche e soprattutto una pubblica commendatio in favore di tale istituto, caratteristica fondante del Partito democratico, in vista delle scelte locali per le prossime elezioni amministrative. Una scelta raccomandata, insomma, archiviata la parentesi-Marino. “Si può decidere di farle – prosegue il premier nella sua “ospitata” sulle pagine della nuova fatica letteraria del conduttore di Porta a porta – oppure lasciare che sia il partito stesso a rivendicare la scelta dei candidati.” Il sottinteso, naturalmente, è che lui, Renzi, le preferirebbe. “Per le cariche di vertice, quali possono essere sindaci, presidenti di regione o segretari-candidati premier (quindi non esclude neanche il caso che lo riguarda più da vicino, ndr), le primarie vanno fatte.”
Nella sua concezione, però, esse hanno veramente un senso se il candidato sconfitto, un minuto dopo aver perso, “si mette a disposizione di chi ha vinto”. Così, chi non ha vinto le primarie può sempre dimostrare di poter vincere le “secondarie”, lascia intedere il capo del governo.
Alla base delle primarie, secondo Renzi, ci vogliono regole chiare: e la prima tra esse è proprio la “lealtà”. “Si ricorda Cofferati? Ha corso, ha perso ed è scappato via con il pallone come un bambino che non sa accettare la sconfitta.” Un pensiero il premier lo riserva anche a quelle frange del Pd che imputerebbero alcune sconfitte locali del partito a scelte imposte dalla segreteria, anche laddove, in realtà, le primarie si erano regolarmente svolte. “Non mi sembra che Felice Casson a Venezia non fosse frutto delle primarie.”

