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Giustizia, ancora un sorriso per Berlusconi

Estinta pena Mediaset

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Era già sostanzialmente libero dal 4 marzo, ma ora c’è il raggiungimento definitivo del traguardo.

Il meritato premio per aver svolto con la massima diligenza il servizio sociale a cui era stato affidato in prova? Certo, Silvio Berlusconi, nell’arco di dieci mesi e mezzo, non è mancato un giorno all’istituto "Sacra Famiglia" di Cesano Boscone. Che ci fosse il  sole o la pioggia, che il Milan avesse vinto, pareggiato o perso, che le acque in Forza Italia fossero tranquille, leggermente agitate o fortemente mosse, la sua auto, puntuale, ogni settimana ha varcato i cancelli di quella struttura.

L’ex presidente-operaio ha fatto il suo dovere, timbrando il cartellino ininterrottamente per tutto il periodo della sua condanna. Ragion per cui, potremmo dire alla luce dell’impegno e della volontà dimostrata, ma anche e soprattutto delle favorevoli testimonianze di Severina Panarello, capo dell’Ufficio esecuzione penale esterna, martedì 14 aprile il tribunale di Sorveglianza di Milano, controllore implacabile dell’assiduità assistenziale dell’ex Cavaliere, ha deciso di dichiarare estinta la condanna definitiva a quattro anni di carcere (tre dei quali, comunque, coperti da indulto) inflittagli per il caso Mediaset.

Liquidata anche la pena accessoria, vale a dire l’interdizione dai pubblici uffici per due anni. Anche il tribunale, presieduto da Pasquale Nobile de Santis, ha fatto, in fondo, il suo dovere. Messi da parte bunga bunga e grandeur da ghe-pensi-mi, questo Berlusconi declinante dai toni sobri ha mostrato il volto migliore, quello più affidabile, dell’imprenditore che negli anni ’80-’90, aiutato da un tocco midiaco per il successo, aveva messo l’Italia ai suoi piedi. Di fronte ad una condanna, e alle modalità stabilite dalla legge per scontarla (si trattava, comunque, di condizioni di pena già piuttosto agevolate),  anziché stracciarsi  le vesti si è rimboccato le maniche e ha bevuto il “calice amaro” (più amaro di quello che gli toccò un tempo).

Non sono mancati, certo, momenti di tensione, come quando il giudice Beatrice Crosti gli inflisse un “cartellino giallo” per alcune dichiarazioni polemiche sulla magistratura: ma si trattò solo di incidenti, che non potevano minare in modo significativo  il percorso di riabilitazione. Dopo l’assoluzione nel processo Ruby, dunque, ad Arcore è ancora tempo di spumante. Con qualche bollicina in meno, magari, per via della legge Severino e della sua retroattività, che in teoria mantiene ancora Berlusconi nel freezer dell’agone politico fino al 2019. Ma ciò che conta è che il leader (non più incontrastato, in verità) del centro-destra possa tornare a respirare, e a far sentire il suo alito fino a Strasburgo, presso la  cui corte, su istanza dei legali che lo assistono, è già in discussione il delicato capitolo della sua ineleggibilità forzata.

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