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Senato: il giorno della fiducia monocamerale

Articolo 25: il governo si svincola dall’approvazione di Palazzo Madama

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Proprio mentre la gran parte degli italiani è in vacanza il governo decide di affondare i colpi. E il colpo di piccone al cuore del bicameralismo perfetto arriva nelle prime ore del pomeriggio di mercoledì 6 agosto. Articolo 25 del testo della riforma parlamentare: “Il governo deve avere la fiducia della Camera”. Solo e soltanto, si intende. Il Senato approva, con 179 sì  e 40 no, e così si “disobbliga” da una delle sue incombenze cardinali, la concessione della fiducia, in prima o in seconda battuta (cioè prima o dopo la Camera), ad un esecutivo al suo entrare in carica o nel corso della legislatura. Era dai tempi del Regno d’Italia che era così. Anzi, da quelli del Regno di Sardegna. Ora non più.
Quante istantanee che vanno in soffitta! Compassatissimi presidenti d’assemblea costretti, improvvisamente, a trasformarsi in domatori. L’omino di zucchero regalato a D’Alema, fresco neopresidente del Consiglio, da Cossiga, regista dell’operazione che lo portò a Palazzo Chigi (l’omaggio era un riferimento alle abitudini da pedofagi dei comunisti; siamo nel 1998). Lo champagne e la mortadella sfoderati tra i banchi di Palazzo Madama da Nino Strano (AN) per festeggiare la fine del secondo governo Prodi (2008). Fino alle parole di Renzi, tanto antipatiche quanto profetiche: “Spero che questa sia l’ultima volta che un governo viene a chiedere la fiducia qui”. Da oggi in poi solo alla Camera bassa spetterà essere “camera calda”; il Senato, invece, da Camera di compensazione diverrà sempre di più Camera di decantazione.
Nella stessa giornata passano anche gli articoli 21, 22, 23 e 24 che regolano le funzioni delle Camere rispetto al presidente della Repubblica e viceversa. In particolare: il capo dello stato continua ad essere eletto in seduta comune dalle due Camere, ma  i delegati regionali vengono cancellati dal novero degli attori della sua elezione, e inoltre basterà la maggioranza dei due terzi fino al quarto scrutinio e dei tre quinti fino all’ottavo, e poi la maggioranza assoluta perché si possa raggiungere il quorum (art. 21); l’elezione del capo dello Stato che avvenga in una transizione da una legislatura all’altra deve svolgersi entro quindici giorni dall’insediamento di una nuova Camera (art. 22); è il presidente della Camera, e non più quello del Senato, a supplire al capo dello Stato in caso di sue dimissioni, morte o malattia (art. 23); il presidente della Repubblica ha potere di scioglimento solo sulla Camera dei deputati, che è l’unica elettiva, mentre il Senato è legato ai tempi elettivi dei singoli Consigli regionali (art. 24).   

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