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Governo Gentiloni con pieni poteri ma fotocopia dell’esecutivo Renzi

Minoranze all’attacco che parlano di “clone” e annunciano un’opposizione senza sconti

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Governo Gentiloni con pieni poteri dopo il via libera del Senato alla fiducia ottenuta con 169 voti favorevoli, 99 voti contrari e nessun astenuto. Un Governo “fotocopia” secondo molti osservatori politici e gran parte dei quotidiani italiani che pur riconoscendo la statura politica di Gentiloni e la sua grande capacità di movimento non hanno mancato di far notare come il blocco portante del precedente Governo Renzi fosse stato confermato con addirittura alcune promozioni sul campo che sono sembrate stridere fortemente con le affermazioni fatte da alcuni esponenti di spicco del Pd sull’eventualità di abbandonare della politica nel caso di sconfitta nel referendum del 4 dicembre.

Il caso più eclatante è stato proprio quello di Maria Elena Boschi che ha perso sì il ministero delle riforme costituzionali cancellato dopo la vittoria del No ma ha acquistato l’ambitisissima poltrona di sottosegretario alla presidenza del Consiglio scatenando le reazioni furibonde delle opposizioni che anche in occasione del dibattito sulla fiducia a Palazzo Madama non hanno mancato di farlo rilevare con toni molto accesi. Valga per tutti il caustico commento di Loredana De Petris (Sinistra Italiana) che motivando il voto contrario alla fiducia ha parlato di “governo clone” dove a comandare c’è sempre Renzi “tanto è vero che ha messo i suoi pretoriani a guardia del nuovo esecutivo”. Sulla stessa linea anche il Movimento Cinquestelle che a differenza di quanto avvenuta alla Camera, dove i Pentastellati avevano abbandonato l’aula, in Senato ha votato compatto il no al governo Gentiloni “per far sentire il peso dei 20 milioni di no degli italiani al referendum” lasciando poi sui banchi una copia della Costituzione. “Renzi – ha aggiunto Michela Montevecchi - aveva detto che dalla riforma dipendevano le sorti politiche del governo. Ma qui ci sono gli stessi ministri”.

Lega Nord e Ala (il gruppo di riferimento di Denis Verdini) non hanno invece partecipato al voto ma per i secondi le motivazioni sono state quelle di essere rimasti fuori all’ultimo minuto dalla lista ministeriale. Secondo Paolo Romani (Forza Italia) che ha annunciato un’opposizione leale e senza sconti “le riforme devono essere fatte dal Parlamento, non dal governo”. “Oggi – ha continuato - sta per nascere il quarto governo non eletto. Questa maggioranza è maggioranza solo nelle aule e non nel Paese”. Durissimo infine Roberto Speranza, leader di Sinistra Riformista, la minoranza all’interno del Pd, che pur non facendo mancare l’appoggio a Gentiloni ha duramente criticato le parole del ministro del lavoro Giuliano Poletti secondo il quale ci saranno elezioni politiche prima del refrendum sul lavoro. “Più che invocare le urne per evitare che si svolga la consultazione, si intervenga subito sul Jobs act, a partire dai voucher”. 

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