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Pd, nuova resa dei conti in Direzione

Bocciato documento di minoranza

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Nel giorno mestissimo dell’omaggio alle vittime dell’attentato di Dacca del 1° luglio (otto delle quali italiane), si è tenuta l’attesa riunione post-amministrative della Direzione nazionale  del Pd. Ennesima resa dei conti tra maggioranza e minoranza del partito. Ed ennesima debacle per quest’ultima.

Se – come confermano le ultime informazioni – ai ragazzi-bene di Dacca autori della strage sarebbero bastati i primi venti minuti al fine di compierla, per infliggere l’ennesimo schiaffo alla corrente bersaniana dei democratici ci sono volute quattro ore del tardo pomeriggio di lunedì 4 luglio, più precisamente dalle 16.05 alle 21.15.

Prima di raggiungere la sede della Direzione (al Life Hotel di via Palermo a Roma), il premier Renzi si era soffermato lungamente a parlare della strage banglese con il suo omologo nipponico Shinzo Abe, essendo stato il Giappone un altro Paese particolarmente colpito dalla strage (parallelamente un altro colloquio lo aveva avuto il ministro degli Esteri Gentiloni con il suo collega edochiano Kishida). Un pensiero ai fatti di Dacca Renzi lo ha rivolto, naturalmente, anche durante il suo intervento in apertura dei lavori (“Dobbiamo avere la forza di non abituarci all'orrore, e avere il desiderio di mantenere in vita i valori che difendiamo”), poi è stata solo battaglia politica.

Sull’Italicum, un fronte sul quale Bersani prometteva battaglia sin dal primo pomeriggio (“Optare per sistemi ipermaggioritari con eccesso di nominati è come caricare la molla, ci vuole flessibilità”), e poi naturalmente sul referendum, al cui esito, ha ribadito Renzi, è legata la sua permanenza o meno alla guida del governo.

Alla minoranza Pd, però, più che quella di Renzi capo del governo interessa la tenuta del Renzi capo del partito. Nel suo passaggio il dalemiano Gianni Cuperlo è stato chiaro: “Renzi esca dal talent di un’Italia patinata e affronti la realtà, perché se non è visto come avversario a destra (ed è normale), è visto come tale anche da una parte della sinistra, e questo rischia di condurci ad una sconfitta storica. Quanto al futuro della leaership del Pd (ma anche a Palazzo Chigi) Cuperlo aggiunge che “al prossimo congresso non sosterrò un capo ma un ticket composto da una candidatura solida per il governo e una personalità diversa per il Pd”. La repica di Renzi. “Sono fuori dal talent, ma voglio stare anche fuori dalla vostra rappresentazione stereotipata che vuole che al governo ci sia un gruppo di arroganti chiuso nel suo Giglio magico”.

La discussione intorno al referendum - l'appuntamento che Renzi definisce “la più grande occasione di auto-riforma” per la classe dirigente di un Paese - si è presto incentrata su un documento, a firma proprio della minoranza del Pd, favorevole a raccogliere le ragioni del “no” in vista del voto costituzionale (previsto per il prossimo ottobre). Nel documento, presentato da Roberto Speranza, si leggeva tra l’altro che “la direzione nazionale del Pd, preso atto dell’orientamento maggioritario in favore del sì, si impegna a promuovere la massima partecipazione popolare all’appuntamento e ad offrire piena cittadinanza anche a chi sostiene le ragioni del no”.  Il documento, alla fine, ha ottenuto solo otto voti favorevoli e dunque è stato respinto: via libera, dunque, all’interno del Pd, al fronte compatto per il sì.

Quanto all’Italicum, è invece il ministro deli Beni Culturali Dario Franceschini a tendere un ponte alla minoranza: “Dopo il referendum – ha detto nel suo intervento – servirà una riflessione per restituire lo spazio che si deve alle coalizioni”.

 

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