Partecipa a Notizie Nazionali

Sei già registrato? Accedi

Password dimenticata? Recuperala

Premi César, trionfa "Timbuktu"

Riconosciuta la pellicola anti-jihadista

Condividi su:

Timbuctù. O Timbuktu. Città del Mali, considerata una delle meraviglie del mondo moderno per i suoi palazzi e le sue case costruiti col fango. Capitale, nel Basso Medioevo, di un potentissimo sultanato musulmano, entrò nella leggenda per le sue proverbiali ricchezze (prima che venisse scoperta l’America, gli europei credevano che l’Eldorado si trovasse nei suoi pressi). Oggi appare come il simbolo di un Islam antico, autoritario ma illuminato, lontano anni luce dal terrorismo estremista. Eppure, neanche all’ombra della sua venerabile, sacrale vetustà il musulmano pacifico può trovare scampo dalla minaccia jihadista.
Il fondamentalismo islamico che, nel momento stesso in cui professa con violenza di agire nel nome della propria identità religiosa, in realtà la dissacra e, con essa, i suoi luoghi simbolo, come Timbuktu, è al centro del bel film di Abderrahmane Sissako a cui proprio Timbuktu dà il titolo.
Sissako. Ma non Sissoko, che pure del Mali è un illustre prodotto (calcistico). Il nostro regista, che non è maliano ma mauritano (è nato a Kiffa nel 1961, però vive in Mali), è al suo quarto lungometraggio importante: il primo è stato La vie sur terre del 1998, a cui è seguito Aspettando la felicità, celebrato film del 2002 sull’emigrazione africana in Europa; poi, nel 2006, è stata la volta di Bamako, che ha potuto fregiarsi addirittura di guest star hollywoodiane (Danny Glover); infine, nel 2014, Timbuktu, e un nuovo grande successo di critica, data anche la sua tematica così attinente ai travagliati tempi che viviamo. Già protagonista al Festival di Cannes del 2014, dove si è aggiudicato il Premio della Giuria Ecumenica e il François Chalais Prize, Timbuktu è stato il Balla coi lupi  dell’edizione 2015, la trentanovesima, dei Premi César, gli Oscar francesi: si è aggiudicato infatti ben sette statuette, tra cui quella per la migliore regia. Il primo ringraziamento di Sissako è alla nazione francese, terra “matrigna” ma anche di riscatto personale: “La Francia è un paese straordinario, aperto agli altri, e lo dimostra la conquista di queste statuette”.
Ora Timbuktu è atteso dalla sfida degli Oscar veri: al Dolby Theatre di Los Angeles infatti esso è candidato come miglior film straniero.

Condividi su:

Seguici su Facebook