Si è conclusa domenica 11 dicembre la 15° edizione del Film Festival di Porretta Terme.
Un festival sempre più importante, avvincente, che riesce a coinvolgere dal giovane studente al pensionato, entrando anche all’interno delle scuole.
Da martedì 6 a domenica 11 dicembre 2016, il Festival ha proposto giorni ricchi di proiezioni e incontri, con il regista Ivan Cotroneo, l’attrice Blu Yoshimi, Mario Balsamo, David Grieco, Ivano de Matteo.
E come ogni anno la manifestazione dedica una retrospettiva ad un grande regista, quest’anno dedicata a Roberto Faenza.
Nato a Torino nel 1943, si diploma nel 1965 al prestigioso Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma, e successivamente arriva la laurea in Scienze Politiche a Pisa, dove per oltre vent’anni insegnerà Sociologia della comunicazione; alterna così l’attività di regista con quella di ricercatore e saggista.
Dopo una breve esperienza come documentarista, nel 1968 debutta come regista dirigendo Escalation, un’apologia che punta il dito contro la società capitalista, esaltando la libertà del singolo.
Una pellicola di grande successo internazionale, che attraverso il rapporto tra un padre borghese e il figlio hippy, descrive in chiave grottesca e amara la contemporanea società dei consumi.
Com’è iniziata la sua avventura nel mondo cinematografico?
È iniziata durante il liceo, nel giornale scolastico, in cui recensivamo libri, film e mi ricordo che in terza liceo capitò L'anno scorso a Marienbad, un film del 1961 diretto da Alain Resnais, e la nostra classe si divise in due gruppi; Il primo che lo ritenevano un film molto importante, quasi rivoluzionario per il linguaggio affrontato. L’altro gruppo, capitanato da me, lo ritenevano una stupidaggine, un assurdità. Quando lo rividi qualche anno dopo, mi sono convinto che non avevo capito niente e che fosse un grande film, e da lì ho pensato di approfondire la conoscenza del cinema, facendo domanda d’iscrizione al centro sperimentale di Roma, per entrare a far parte di questo mondo.
Ha lavorato con grandi professionisti del panorama artistico italiano ed internazionale. Quale tra questi l’ha colpita maggiormente?
Sicuramente Marcello Mastroianni, un attore istintivo.
Credo che per Sostiene Pereira non abbia letto nemmeno la sceneggiatura. Veniva sul set, leggeva le pagine, ed il personaggio lo aveva fatto suo, e meglio non si sarebbe potuto..
Di Marcello ricordo anche la profonda generosità ed umanità, che non è tipica del nostro settore, perché credo che il cinema sia molto divisa, la gente molto gelosa, invidiosa, mentre Marcello non era capace di questi sentimenti. Non ne ho più incontrati come lui…….
Nella conferenza stampa di quest’oggi le ho sentito menzionare più volte “film coraggiosi”, cosa intende per tali?
Film che non seguono le correnti, che hanno problemi di realizzazione e diffusione. Per lo più film che toccano dei santuari o dei poteri che difficilmente si possono indicare.
Il film per essere realizzato ha bisogno di denaro e questi capitali sono in mano a chi ha il potere e quindi andare contro questi è difficile, bisogna avere molto coraggio.
C’è qualcosa sul suo conto o i suoi lavori che non è mai stato menzionato, che le piacerebbe raccontare al suo pubblico?
Devo dire che fino ad oggi, grazie anche alla mia compagna ( Elda Ferri) che è anche la mia produttrice, sono riuscito a fare ciò che volevo e credo che questo sia il frutto di una certa pervicacia.
Sono convinto che se veramente credi in un progetto e sei disposto a faticare tanto tempo, alla fine ce la fai.
Come vede il futuro del cinema indipendente nell'era del digitale?
Il cinema indipendente per me non esiste perché è sempre dipendente da qualcosa, purtroppo.
L’idea di cinema indipendente è una cosa astratta che noi abbiamo.
Esiste il cinema un po’ meno dipendente, però dipende sempre e soprattutto dal denaro.
Quale consiglio darebbe Faenza ai giovani che hanno voglia di lavorare in questo settore?
Consigli non saprei……
Spesso i registi vengono chiamati maestri ed io quando mi chiamano maestro mi risento un po’ perchè primo, mi ricorda il maestro elementare, e poi perché in realtà non è che abbiamo qualcosa da insegnare…..
I ragazzi non hanno bisogno di consigli, molti di loro sanno quello che vogliono.
La verità stà in cielo: ha mai pensato che fosse più opportuno il documentario per raccontare questa storia?
No. Intanto perché erano già stati realizzati documentari a tal proposito e poi penso che un film a differenza del documentario può avere un coinvolgimento emotivo maggiore e anche perché solo un film può mettere in atto macchine organizzative e quindi sono convinto che il film può arrivare lì dove il documentario non può arrivare.