L'intervista di oggi è davvero particolare.
Per quale motivo? Perché mi permette di mettere “per iscritto” il talento di una persona riservata e straordinaria, che condivide una passione molto vicina alla mia.
Si tratta di una “supereroina” che agisce nell'ombra, ma i frutti del suo talento e della sua passione si possono scorgere praticamente da sempre e...ovunque.
“Ho iniziato a leggere dal momento in cui ho avuto le facoltà per farlo, circa a 5 anni. Per cui, escludendo i fumetti, i libri di favole e i fantasy per ragazzi, credo che il primo vero libro che è entrato nella mia vita sia stato “L’Alchimista” di Paulo Coelho. Avevo circa 7/8 anni e mi piaceva la copertina colorata. In effetti la storia è semplice e lineare, potrebbe leggerlo chiunque. Forse non ho colto l’allegoria della crescita, del viaggio, del sogno, dell’imprevedibilità della vita. Lo ammetto, a me piaceva solo la copertina...”
Oggi non servono parole in più. Le ha già tutte Roberta.
Sa usarle nel modo giusto, dando loro il posto e il significato che meritano, quello che più rende loro giustizia.
E, racchiudendole tutte in una sola, non può che venir fuori il massimo. Il meglio.
“Vita. Lo so, è banale. Ma chi studia la letteratura la studia perché è vita e la studia per la vita. La letteratura non ha secondi fini. Non promette successo, riconoscimenti sicuri, una via più facile. Ma offre tanto. E chi intraprende questa strada sa che la sua ambizione primaria è il sapere, conoscere sempre di più e prendere il più possibile da quel mondo immenso e affascinante che si cela tra le pagine di un libro.”
Impossibile non scoprire di avere la scrittura nel sangue.
E anche se il percorso pianificato, a volte, sembra deviare in un'altra direzione, un buon marinaio non perde mai la rotta. Roberta ce lo dimostra.
“Vengo da un liceo scientifico. Un luogo apparentemente arido per la lettura e la scrittura. Eppure ho sempre ritagliato i miei spazi di tempo da dedicare solo ad esse. Per quanto riguarda la scrittura, non mi definisco una scrittrice e mai lo farò. Credo sia una sindrome diffusa anche tra i più grandi. Per me la scrittura ha un valore terapeutico e nei momenti di estrema gioia o di pieno sconforto sono le parole a salvarmi. Mi basta imprimerle su un foglio di carta qualunque, anche uno scontrino. E improvvisamente sento scivolarmi via di dosso ogni pensiero negativo. Mi accompagnerà sempre, questo sì. Ma più che una scrittrice mi reputo una persona che cerca ancora di capirsi e di raccontare se stessa a se stessa. Per questo difficilmente permetto a qualcuno di leggere i miei sfoghi.”
Sfogliando le pagine del suo importante bagaglio culturale, risulta paradossalmente difficile, per Roberta, mettere nero su bianco un “preferito”: ogni tassello del suo mosaico è fondamentale.
È “casa”.
“Eleggere a preferito un autore è sempre complicato per me. Se proprio dovessi premiarne uno è perché si è incastrato perfettamente con le emozioni che provavo nel periodo in cui l’ho letto, quindi più che altro premio il suo impeccabile tempismo. È “Il coperchio del mare”, di Banana Yoshimoto. In quel periodo il desiderio di evasione bruciava forte in me. E questo libro ha il sapore di un rientro a casa dopo che si è stati via tanto tempo. Il modo in cui quei sapori, quei venti leggeri sulla pelle, quelle voci amiche, da impressi con l’inchiostro, diventavano estremamente reali, mi ha fatto apprezzare a pieno quello che avevo intorno. Ma ho capito anche quanto è importante viaggiare, per me che lo facevo solo con i libri e quanto possa diventare importante anche solo un chiosco di granite, se ci si dedica con tutti se stessi.”
Grazie Roberta.
Mi aveva chiesto di tagliare qualcosa, ma, sinceramente, non me la sono sentita.
Ogni singola parola merita un posto d'onore in questo articolo. Risulterà un po' più lungo degli altri, questo sì, ma sarà intriso di passione e...d'inchiostro. Entrambi indelebili.
“La vita è imprevedibile e la letteratura occuperà sempre un posto importante nella mia vita. Se dovessi trasformarla in una professione vorrei puntare all’insegnamento. All’università si lamenta e a volte si accusa la mancanza di un riconoscimento effettivo alla cultura umanistica. Il peso di una società che scredita tutto ciò in cui uno studioso di lettere crede non è indifferente. Ma ho come l’impressione che, se si parte con il piede giusto, se si imprime nei ragazzi fin dall’adolescenza il piacere ancora prima dell’importanza che si cela dietro un buon libro, si può ancora essere fiduciosi. In ogni caso, mi piacerebbe diffondere nei miei alunni il coraggio di scegliere la loro passione per la vita, qualunque essa sia. Perché i rimorsi sono dietro l’angolo in questa vita ma bruciano di più per le cose che ami.”