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Istantanee e scatti: “intervista fotografica” con Valeriano Grasso

Dal nudo artistico di “m o n o c r o m i” agli “Oracoli Inversi”

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Proviamo a chiudere gli occhi e a immaginare un percorso. Riaprendoli, affiorano delle istantanee, perfette da sfogliare una ad una, in modo da guardare attraverso l'obiettivo con cui Valeriano Grasso osserva ciò che gli sta intorno.
La mia passione per la fotografia è nata per caso. Credo di averla ereditata da mio padre: mi ricordo che fotografava spesso me e mia madre durante i nostri viaggi. Poi, quando i miei comprarono una fotocamera digitale, ho continuato a coltivare questa passione e il primo soggetto che ho fotografato non è stato un paesaggio, un oggetto o un’opera d’arte: sono stato io. Ho iniziato a focalizzarmi su me stesso, sul corpo.”
La passione cresce con lui, e l’obiettivo comincia a mettere a fuoco altri soggetti, permettendo di catturare, scatto dopo scatto, lo sguardo delle sue modelle, così come quello del fruitore.
In una fase successiva, ho iniziato a fotografare delle ragazze. Non potendo contare su una Reflex, cercavo di dare più peso alla composizione. Portavo le mie muse sul mio terrazzo: da una sola parete bianca e una bellissima luce creavo i miei ambienti, utilizzando gli oggetti più disparati, come colonne, vasi, borse, tappeti e accessori “rubati” a mia madre.
Da gennaio, invece, cioè da quando possiedo una Reflex, ho cominciato a fare dei veri e propri studi sul corpo umano, concentrandomi in particolare sul nudo artistico. I miei nudi non sono mai volgari e, in essi, ho cercato di mantenere la drammaticità dei colori, perché così come prima facevo risaltare le ombre e i toni caldi, ora cerco, con le luci bianche, di mettere in evidenza le parti del corpo che più mi interessano.”

Gli scatti continuano, e tornano in bianco e nero. Davanti all’obiettivo, questa volta, si delinea, in tutte le sue sfaccettature, la perfezione imperfetta del corpo umano, colto sapientemente nei giochi della psiche.

L’idea del mio progetto fotografico “M O N O C R O M I” è nata da uno studio sui corpi e sulla psicologia, permettendomi di scoprire quanta differenza c'è tra il modo di rapportarsi e raccontarsi al mio obiettivo prima da vestiti e poi da nudi, spogliandosi anche a livello psicologico: è stato molto divertente constatare che quella maschera, indossata sempre assieme ai nostri abiti, cade appena ci spogliamo. Capita che una ragazza che si abbiglia in maniera succinta e provocante diventi invece, davanti all’obiettivo, timida e impacciata, o al contrario che un ragazzo composto e pacato nella vita quotidiana diventi sfrontato davanti alla telecamera.”

E in ogni scatto si cela un ricordo, un’emozione, uno studio intenso che si consuma in un click, ma che permette di giocare con i movimenti, gli sguardi, i punti di vista.
“Ci sono diverse fotografie che mi piacciono più di altre: una che ricordo in maniera particolare l’ho scattata alla mia coinquilina Chiara diversi anni fa e faceva parte della prima collezione che ho composto, intitolata “Les Fleurs du mal – The Other Her”. Avevo cominciato a praticare gli sdoppiamenti delle foto: mentre da una parte c’era l’originale, il vero “fiore”, dall'altra plasmavo “l'altra lei”, rendendola totalmente diversa, ovvero quella lei che vedevo attraverso i miei occhi.
Per ciò che riguarda le foto di ora, diciamo che sono meno ragionate: cerco sempre, però, di equilibrare istinto e razionalità nelle mie creazioni, le ritengo due facce della stessa medaglia: la mia ragione risponde alla mia istintività e  il mio istinto diviene risposta alla mia ragionevolezza.
Non penso che scattare una foto corrisponda a un mero “cogliere l’attimo”, bensì ciascuna istantanea va anche studiata, pensata.
Tra le fotografie di M O N O C R O M I, quella più particolare l’ho scattata ad un ragazzo di circa 35 anni: ho cercato, con un primo piano, di coglierne l’animo più giovane, misto al timore per l’età che avanza.”

Ogni immagine nasconde un’emozione. Ciascun fruitore, osservandola, può sceglierla, può coglierla, indipendentemente da ciò che vi scorgono gli altri. La fotografia è capace di abbattere qualsiasi barriera, è condivisione e introspezione.
“Non c’è un intento dietro ogni foto: le persone, soprattutto attraverso i miei chiaroscuri e i contrasti, vengono stimolate a guardare, a scrutare, a cercare il soggetto oltre l’ombra della foto. Il fruitore deve soffermarsi, in un primo momento, a cogliere ciò che è nella foto, per poi passare al lato psicologico, verso cui è orientato dal modo in cui la foto stessa è stata realizzata.
Il prossimo progetto fotografico non verterà sul nudo maschile e femminile, bensì avrà l’intento di creare delle foto come se fossero dei tarocchi. Da un lato cercherò di ispirarmi a delle carte già esistenti, dall’altro proverò a crearle da zero. Si tratterà, in ogni caso, di foto strette e lunghe, in cui forse lascerò spazio al colore. L’idea è quella di creare degli oracoli, magari con una didascalia il cui genere sarà inverso.”

E infine, ringraziandolo per questa chiacchierata, chiediamo a Valeriano di scattare un’ultima foto…alle sue foto.

“La mia fotografia è sempre in continua modifica: muta, si trasforma. Mi chiedi come posso esprimere ciò che rappresentano le mie fotografie? In esse c’è il mio punto di vista, il mio continuo mutar modo di vedere soggetti e oggetti. L’unica parola per definire le mie foto è “DIVENIRE”, anche perché la fotografia, oltre ad essere arte, comunicazione e messaggio, è proprio questo: imprimere ogni attimo in cui la trasformazione continua.”

Per immergervi nell'arte fotografica di Valeriano, visitate la sua pagina Instagram @grassovaleriano, in cui troverete alcune delle foto esposte alle mostre.

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