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Povertà, in Italia è ancora emergenza

Lo rileva studio Unimpresa

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Ripresina del Pil, buona notizia. Mini-crisi estiva della produzione industriale,  comunque subito risolta, altra buona notizia.

Ma per qualche numero che comincia finalmente a girare nella direzione giusta, c’è ancora un quadro di emergenza sociale estremamente desolante. Rischio povertà, lo spettro tipico dei Paesi che escono da rovinosi conflitti. O da crisi economiche devastanti. Nel caso dell’Italia, sospesa tra primo e secondo decennio del XXI secolo, un robusto contagio da influenza  finanziaria arrivata da Oltreoceano: un fantasma, che aleggia implacabile sulla testa di più di nove milioni di connazionali.

Parola di Unimpresa, che in uno studio che copre il periodo da giugno 2014 a giugno 2015 rileva come altre trentamila persone, in Italia, si siano aggiunte a quelle in serissime difficoltà economiche, quelle, cioè, per dirla tecnicamente, che si trovano già nel “bacino dei deboli”.

A dir la verità le cifre dell’Istat del luglio 2014 erano state anche più severe: allora infatti si parlava di dieci milioni tondi tondi di italiani poveri. Ma, oggettivamente, nove milioni e duecentoquarantaseimila persone, se proprio giova andare alla battitura dello “scontrino”, non sono certo spiccioli . Si tratta dell’equivalente della popolazione della Svezia, un Paese che, per ironia della sorte, è stato coinvolto dalla crisi abbastanza marginalmente (anche se questo non significa che ne sia stato del tutto al di fuori).

Un oceano di disperati, in cui  alla falange storica dei  “semplici disoccupati” - come si legge nello studio - si sono aggiunte ora anche “ampie fasce di lavoratori, penalizzati però da condizioni di lavoro precarie o comunque economicamente deboli”. Non più solo l’Inferno dei nullafacenti, anche il Purgatorio dei lavoratori che non possono considerarsi tali: tutti allo stesso livello, tutti in mezzo alla stessa strada.     

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