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Alaska, il giallo delle cinque navi cinesi

Una task force militare

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C’erano davvero.

A dispetto di  quanto riportato sul momento dalle autorità Usa, le cinque navi da guerra di Pechino avvistate, per la prima volta il 2 settembre scorso, al largo dell’Alaska, non hanno semplicemente compiuto una “anonima” (per quanto non inosservata) navigazione  in acque internazionali, ma sono entrate nella fascia delle 12 miglia nautiche (21,6 km) delle acque territoriali Usa.

In quel momento, il presidente Obama si trovava proprio lì, in Alaska, per partecipare ad un vertice sull’Artico ad Anchorage.  A rettificare la versione iniziale del Pentagono è stata la Cnn, e, praticamente a ruota, il Dipartimento della Difesa ha dovuto aggiustare il tiro.

E si è precipitato a specificare: i cinque legni (una task force, costituita da un’unità d’assalto anfibio, un rifornitore e tre fregate di scorta), si sono limitati a fruire di quel diritto noto come “passaggio innocente”, in base al quale è consentito un transito veloce e pacifico attraverso acque territoriali altrui. In effetti è lo stesso diritto di cui si fanno scudo le navi russe, nel momento in cui devono solcare le acque a quelle stesse latitudini (e sembra proprio che la task force  fosse impegnata  in un’operazione congiunta con unità della flotta militare russa, che però sono rimaste indietro, lasciando che le navi mandarine andassero in avanscoperta).

Dunque, ha concluso il Pentagono, “sulla base delle nostre rilevazioni non abbiamo riscontrato alcun segno e motivo di minaccia”.  

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