Non è solo una questione terminologica.
E contro le “quote di accoglienza” relative ai migranti, quote che definisce un “non-senso”, il ministro dell’Interno francese, Bernard Cazeneuve, è pronto addirittura ad opporsi al suo presidente, François Hollande, oltre che alla cancelliera tedesca Angela Merkel. Certa stampa internazionale vorrebbe il muro-contro-muro, ma è lo stesso Cazeneuve, se non altro per fare un dispetto agli opinion maker, a fare il pompiere, dicendo, sabato 5, che Hollande “non ha mai parlato” di quote di accoglienza e di un loro possibile incremento in Francia.
E così dichiarando, ha smentito anche (e soprattutto) la Merkel, che qualche giorno prima (mercoledì 2) con grande sicurezza aveva annunciato che Francia e Germania avevano trovato un accordo sul principio di “quote obbligatorie” per l’accoglienza dei migranti nei Paesi dell’Eurozona. Ma non è così, a detta di Bernard da Senlis, socialista, già ministro del Bilancio nel governo Ayrault e, dal 2014, titolare del “Viminale transalpino” nel gabinetto presieduto da Valls. Nonostante tutto, lui preferisce ancora parlare di “ripartizione solidale”.
Il problema sta, appunto, nella contrapposizione delle due scuole di pensiero rimaste sul campo, tramontata l’utopia delle “quote volontarie”: il “meccanismo della ripartizione solidale” e le “quote di ripartizione” predefinite. E non è soltanto un problema concettuale, come si diceva: entrambi i metodi, sostanzialmente, stabiliscono che la massa di derelitti, richiedenti asilo, debbano essere equamente distribuiti tra tutti e ventotto gli Stati Ue. Il primo, però, in pratica non determina precisamente quanti migranti ciascuno dei Paesi debba accogliere: in primavera la stessa Merkel aveva cercato di abbozzare una definizione delle quote, parlando della ricchezza economica e del numero degli abitanti di ciascun Paese come parametri per determinare quali dei Paesi dovessero offrire di più e quali di meno.
A lungo andare, però, questa “bozza” si è rivelata una tappa di avvicinamento al secondo metodo . Che è un passo indietro autoritario, probabilmente dettato dall’aggravarsi dell’emergenza nelle ultime ore: eppure dovrebbe essere proprio questo metodo la base del nuovo piano Juncker per la ricollocazione di centoventimila migranti. Le quote di nuovo conio sono “permanenti e obbligatorie”, e calcolate in anticipo per ciascun Paese. Chi decide di non aderire, come si sa, può anche farlo, ma a rischio di incorrere in sanzioni.