Lo chiamavano Harold Cox.
E così era divenuto una leggenda. In realtà, però, all’anagrafe il suo nome risulta essere Frank Freshwater. Ma non inganni assolutamente il nome: le autorità, giudiziarie e poliziesche, che hanno avuto a che fare con lui, e che hanno provato a “berselo”, proprio come un bicchiere d’acqua fresca, si sono dovute ricredere. L’uomo di cui parliamo, al contrario, è stato davvero un pessimo cliente per la giustizia Usa; uno dei pochissimi che sia riuscito clamorosamente a gabbarla, per un gran bel numero di anni.
Roba da Hollywood. Ma siamo in Florida. Precisamente a Melbourne (niente a che vedere con l’omonima città australiana, ci troviamo piuttosto nella terra del Florida Institute of Technology ). Ė qui che Freshwater, con il suo falso nome e la sua falsa identità, si era rifugiato dagli anni ’60, e si era rifatto una vita, da camionista, dopo essere evaso da un carcere dell’Ohio. E non un carcere qualsiasi: si tratta dell’Ohio State Reformatory, dove è stato girato “Le ali della libertà”, celebre film con Morgan Freeman del 1994. Ma quando il ventitreenne Freshwater (ora ne ha settantanove) fuggì da quella struttura era il 1959, un mondo fa: il presidente era Dwight “Ike” Eisenhower, e al cinema gli americani potevano godersi l’evasione di Ben Hur dal carcere del pretorio di Gerusalemme, in barba all’amico Messala. Nel frattempo qualcun altro, nella realtà effettuale, compiva qualcosa di simile. E tornava libero, senza neppure passare dalle galee.
Freshwater, nonostante la giovane età, poteva già vantare dei precedenti penali piuttosto pesanti: era stato condannato, infatti, a cinque anni per omicidio colposo, e ad essi se ne erano poi aggiunti altri venti. per violazione di libertà provvisoria. Ma a guardare il sole a scacchi non resistette che sette anni: poi, un colpo di lima e via. E venne l’era di Kennedy, poi quella di Johnson, poi Nixon, Ford, poi Carter, e Reagan, e i due Bush, e in mezzo Clinton, e infine Obama: in televisione nasceva e si spegneva l’epopea di Richard Kimble, il “fuggitivo” per eccellenza, ma di quel suo collega reale si era persa ogni traccia,
La memoria stessa di lui sembrava essere svanita, insieme alla sua stessa identità. Cinquantasei anni dopo, gli unici che continuavano a seguire le orme di un fantasma rimanevano gli uomini della divisione Casi irrisolti (Cold Case) dell’Fbi: e un fantasma avrebbero continuato ad inseguire, se non avessero avuto un aiuto insperato, nello squarciare il lenzuolone, dallo sceriffo della contea di Brandon, di cui Melbourne fa parte. Wayne Ivey, in carica dal 2012, aveva parlato chiaro sin dal suo insediamento: uno dei suoi principali cavalli di battaglia sarebbe stato la lotta contro le identità fraudolente. Un emulo di Philip Gerard stava per mettersi sul cammino di Freshwater-Cox: a quest’ultimo avrebbero dovuto drizzarsi le orecchie, e l’istinto di Kimbley avrebbe dovuto suggerire di cambiare aria, cinquantasei anni dopo. Ma così non è stato.

