Non si trattava di una statua a figura intera ma di un busto, bronzeo, del peso di 45 kg.
La colonna-piedistallo su cui era issato faceva ombra al simulacro di un’aquila, anch’essa in bronzo, ai cui piedi stava la targa con l’intitolazione. Il 7 aprile per qualche ora, prima che la polizia se lo portasse via, lo si è potuto ammirare a pochi passi dal memoriale ai caduti della guerra d’indipendenza nel Fort Greene Park, a Brooklyn, popolare e popoloso quartiere di New York. Si trattava di un monumento non autorizzato ad Edward Snowden, l’eroe maledetto del Datagate: nelle intenzioni degli autori, una sorta di aggiornamento 2.0 del Prison Ship Martyrs Monument, cioè appunto la grande colonna che ricorda i caduti della guerra che fondò gli Stati Uniti, più in particolare coloro che nel corso di essa morirono da prigionieri.
Il legame concettuale appare evidente: anche Snowden è un prigioniero in una nuova guerra d’indipendenza, che si combatte online ed ha per scopo non il riconoscimento della sovranità di uno Stato, bensì l’affermazione di un’informazione affrancata da divieti e segreti di Stato.
Era giusto, dunque, rendere un omaggio abusivo ad un Prometeo dei nostri tempi, che con abusivo eroismo ha tentato, a rischio della sua sicurezza, di rendere noti agli uomini gli arcani meccanismi con cui l’intelligence del suo Paese esercita un controllo globale sulle comunicazioni private. Le autorità , però, com’era prevedibile, non hanno apprezzato né il gesto artistico né il messaggio sotteso ad esso. A dar conto della curiosa vicenda è stato il sito Animalnewyork.com, cheha parlato di tre autori per l’opera scultorea: uno di essi potrebbe essere un celebre artista della West Coast.