Mentre è ancora in corso la sua campagna aerea anti-Isis, l’Egitto ha deciso di inviare in Libia anche le truppe di terra. Forze speciali dell’esercito del Cairo, infatti, il 18 febbraio hanno compiuto un raid a Derna, la Mosul libica, e hanno catturato circa cinquantacinque jihadisti.
E l’Isis sta cercando di stringere alleanza con le Brigate Islamiche Fajr Libia, braccio armato del governo di Tripoli – che la comunità internazionale non riconosce, poiché considera legittimo quello di Tobruk – ma soprattutto gruppo estremista antagonista del Califfato, che gli ha sottratto la città di Sirte. L’asse verrebbe evidentemente stretto in chiave anti-occidentale, e, secondo fonti libiche, potrebbe essere suggellato con la cessione allo Stato islamico di alcuni territori vicino alla capitale.
Notizie preoccupanti per la sorte della Libia arrivano anche dalla vicina Tunisia: il premier di Tobruk, al Thani, ha denunciato che proprio al confine tra Tunisia e Libia potrebbe essere imminente un congiungimento tra miliziani dell’Isis e forze di Boko Haram, provenienti da sud. Dalla parte opposta, intanto, cioè al confine tra Tunisia e Algeria, quattro agenti sono stati uccisi nottetempo in un attacco terroristico: ci troviamo, in effetti, in un’area dove il movimentismo jihadista è pur sempre molto presente, con gruppi agguerritissimi come Aqim e Jund-al-Khilafah, strettamente imparentati con al-Qaeda e l’Isis. In un comunicato flash il ministero degli Interni tunisino non risparmia toni da panegirico per i gendarmi caduti: “Il 18 febbraio, durante un attacco terroristico a Boulaaba nel governatorato di Kasserine, quattro eroi della Guardia Nazionale sono stati martirizzati”.