Mai mettersi contro Putin, a meno che non si abbia realmente nessuno scheletro nell’armadio. Alexei Navalny, la cui fama di avvocato è ormai abbondantemente scavalcata da quella che si è procurato come implacabile blogger anti-presidenziale, avrà sempre meno tempo per scagliarsi violentemente online contro Putin e la sua politica: il 30 dicembre è stato infatti condannato a trentasei mesi di carcere, con sospensione condizionale della pena, per malversazione di fondi pubblici. Più nel dettaglio, Navalny è colpevole insieme al fratello, Oleg, di aver frodato ottocentomila dollari ad un’azienda francese di cosmetici, la Yves Rocher (oltre che avvocato e attivista politico, infatti, Navalny è anche azionista in diverse aziende russe o filiali russe di aziende internazionali). Per l’oppositore del Presidente si tratta di un’accusa confezionata per ragioni meramente politiche; ugualmente politica, secondo il parere del diretto interessato ma non solo, è stata la decisione di anticipare la fine del processo, che avrebbe dovuto essere celebrata a metà gennaio: si è voluto premere sull’acceleratore giudiziario, pensano Navalny e i suoi sostenitori, per prevenire le manifestazioni di solidarietà al blogger che erano già state annunciate nel caso in cui, nei tempi stabiliti, gli fosse piovuta addosso una sentenza sfavorevole. Navalny, però, ha voluto comunque regalare un momento di condivisione ai suoi seguaci: violati i domiciliari (a cui è costretto da febbraio, come conseguenza di una precedente condanna) si è fatto arrestare per strada poche ore dopo la lettura della sentenza; già che non aveva più niente da perdere, infatti, ha pensato bene di sfidare le sue limitazioni e di provare a organizzare ugualmente una manifestazione contro la sua condanna a piazza del Maneggio, a Mosca (a pochi passi dalla Piazza Rossa). Nonostante avesse preannunciato la sua presenza su Twitter, in pochi speravano di vederlo: invece, in aperta sfida alla giustizia di Putin, lo si è visto guadagnare la folla di manifestanti, o almeno tentare di farlo. È stato, infatti, immediatamente bloccato dalla polizia, ma il suo scopo lo aveva già ottenuto: offrire al suo “popolo” quell’occasione di protesta che a gennaio gli sarà negata.