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Egitto, Mubarak prosciolto

Era accusato di corruzione e omicidio

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Due mesi di agonia per il rais decaduto Hosni Mubarak, i suoi figli Gamal e Alaa e  uno degli esponenti di punta del suo governo, l’ex ministro degli Interni Al Adly, sono finiti in gloria: tutti assolti dalle accuse che gravavano su di essi. Il verdetto, che si attendeva per il 27 settembre, causa slittamento tecnico è invece arrivato sabato 29 novembre. Ma per i giudici della Corte d’Assise del Cairo il processo al presidente egiziano del dopo-Sadat non sarebbe neanche dovuto iniziare: l’imputato, infatti, come si legge nel testo della sentenza, non era “rinviabile a giudizio”. Probabilmente si tratta di un risarcimento morale a giochi fatti per l’uomo da cui fino a non molto tempo fa dipendevano le sorti dell’Egitto, e a cui non è stato risparmiato un estenuante, patetico andirivieni dall’ospedale al tribunale perché non saltasse neppure una delle sedute del processo contro di lui, nel corso dei tre anni in cui è durato (e in mezzo c’è stato anche l’annullamento della sentenza del 2012, comunque negativa per Mubarak, e il riavvio di tutto l’iter). Nessuna pietà per la salute sempre più declinante di un dittatore non certo più sanguinario di un Saddam o di un Gheddafi, ma che, a differenza di questi ultimi, non ebbe il tempo di fuggire dopo lo scoppio delle sollevazioni popolari. Probabilmente la conclusione era già scritta da un po’, e tenuta in caldo (o nel freezer, non fa differenza): si aspettava solo che l’ottantaseienne Mubarak, malato di cancro allo stomaco, spirasse, nel palazzo di giustizia (ricoverato in un’aula dell’Accademia militare della capitale) o nel suo letto di ospedale (è ricoverato dal 2012 nell’ospedale militare del Cairo, dopo un breve passaggio in Arabia Saudita), per poterlo riabilitare senza più l’impiccio della sua ingombrante presenza (sarebbe rimasto solo il fantasma, ma di quanti ex fantasmi è popolato il pantheon dei padri della patria). Invece Mubarak, disteso sul suo lettino trasportabile e avvolto dalla sua branda, esattamente com’era sin dal primo minuto in cui il giudice gli ha rivolto la prima imputazione, ce l’ha fatta ad arrivare fino in fondo. Vivo.
Virtualmente, dunque, Mubarak era entrato nel processo da personaggio demoniaco e ne esce da personaggio kafkiano; praticamente, invece, non dovrà scontare nessun altro anno di reclusione oltre ai tre che gli erano già stati inflitti nel 2012 per sottrazione di fondi pubblici, in relazione a dei lavori di restauro del Palazzo presidenziale. Ma è niente rispetto all’ergastolo che gli si prospettava per l’accusa di aver ordinato l’uccisione di duecentotrentanove persone durante le rivolte del 2011 al Cairo, accusa che condivideva con l’ex braccio destro Adly ed i collaboratori di questo. E può anche brindare, con i suoi figli, per il proscioglimento dalle accuse di corruzione in merito ad una vicenda di tangenti, legate ad una vendita di gas ad Israele. “Finalmente il verdetto dice a chiare lettere che non ho commesso reati”, è stato il commento rilasciato a caldo dal grande imputato alla tv semigovernativa Saba al Balad. Quando è stato raggiunto telefonicamente dall’intervistatore, Mubarak era già tornato in ospedale.

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