Stop alle procedure operative con cui si desumevano i dati personali di milioni di cittadini dalle loro chiamate telefoniche: era questo il principale punto qualificante della riforma della National Security Agency, la sorella della Cia e dell’Fbi (in realtà la più giovane, essendo stata istituita nel 1952), l’immensa centrale di controllo di tutte le informazioni che passano da e per la Casa Bianca, il Pentagono, la Nasa e le ambasciate, dal giugno 2013 al centro dello scandalo Datagate.
L’U.S.A. Freedom Act – è questo il nome della riforma – non approda in Senato: mercoledì 19 novembre non ha superato lo scoglio del voto preliminare perché potesse essere ammesso alla discussione nella Camera alta del Congresso. Inutile dire che contro il testo hanno votato quasi compattamente i membri repubblicani dell’Assemblea (la maggioranza dopo il voto di midterm), eppure, alla fine, alla riforma sono mancati due soli voti per arrivare ai sessanta decisivi. Tutto rimandato al prossimo anno, dunque.
Di vicenda Datagate si è iniziato a parlare dopo che, il 5 giugno 2013, il Guardian ha pubblicato le prime indiscrezioni sulle intercettazioni telefoniche della Nsa, in America e nel resto del mondo, dal 2001 in poi. Soltanto un giorno più tardi, i lettori americani hanno cominciato a familiarizzare con Prism, il nome del software usato dall’Agenzia per avere il controllo su e-mail e traffico Internet (anche qui a livello globale). Ma non era ancora niente: di lì a poco a fare da detonatore allo scandalo sarebbero arrivati i documenti top secret di un ex tecnico informatico della Cia, Edward Snowden, che raccontavano per filo e per segno i segreti dei sistemi di intercettazione via computer delle agenzie di sicurezza Usa. In effetti non è stato il Guardian a trovare lo scoop, ma Snowden a servirlo su un piatto d’argento al giornale, più precisamente al giornalista Glenn Greenwald. Il tecnico non ha offerto solo la comprensione dei retroscena tecnici, ma ha consentito anche di mappare l’attività intercontinentale di controllo telematico della Nsa: si è così scoperto che nel mirino c’era soprattutto la vecchia Europa, dove si trovavano ad essere spiate le ambasciate dei principali Paesi, le sedi diplomatiche della Ue, la Banca centrale europea, addirittura il telefonino di Angela Merkel, da molto prima che diventasse cancelliera, come non ha mancato di rimarcare lo Spiegel. Sempre grazie a Snowden si è fatta luce su un accordo tra Nsa e le principali major del web (Yahoo, Google, Apple, Aol e Facebook) per poter avere la piena disponibilità delle informazioni dei loro utenti. Una messe di informazioni di importanza vitale e di valore epocale: ma anche un vaso di Pandora maledetto che non si può impunemente scoperchiare, pena conseguenze nefaste; nello specifico, il grande rivelatore ha pagato lo sventurato gesto diventando un vero e proprio latitante, costretto a chiedre asilo politico di Paese in Paese (alla fine lo ha trovato in Russia).

