Nostalgia post-sovietica della guerra fredda? Di sicuro, commenta il dipartimento di Difesa americano, quel che è successo nei cieli americani la sera del 19 settembre “non si vedeva da parecchio tempo”.
Sei caccia russi Mig-35, verso le 19.00 ora italiana, sono entrati nello spazio aereo americano sopra l’Alaska, cioè in una delle cosiddette “air defence identification zone” (ADIZ): gli Stati Uniti ne dispongono di altre tre, rispettivamente sopra le Hawaii, sopra il territorio di Guam nell’arcipelago delle Marianne (l’isola appartiene agli Usa, ma gode dello status di territorio non incorporato) e sopra la zona contigua Usa (cioè la fascia di mare che, nel caso degli Usa come degli altri Paesi, si estende, in base alla convenzione di Montego Bay del 1982, per dodici miglia in prosecuzione del limite esterno del mare territoriale). Qualunque sia stata la motivazione che ha spinto i piloti russi a sconfinare, si è trattato comunque di un incidente-lampo: i caccia di Mosca, immediatamente dopo aver varcato lo spazio aereo protetto, sono stati intercettati e rispediti indietro dall’aeronautica militare statunitense e canadese.
Gli aerei Mig-35 sono l’evoluzione dei Mig-29, ancora in dotazione presso altri eserciti armati in passato dai russi (ad esempio quello ucraino). Prodotti dalla fabbrica Mikoyan Gurevich (il termine Mig ne è appunto la sigla) a partire dal 2007, i Mig-35 sono conosciuti in ambito NATO col nome in codice di Fulcrum-F.