Sono trascorsi ben 17 anni da quel tragico 31 agosto, quando la principessa di Galles, Lady Diana, perse la vita in un incidente automobilistico sotto il tunnel del Pont de l’Alma a Parigi. Nonostante il dolore che la sua perdita provocò ai familiari, è bene ricordare l'amore che Diana nutriva verso il prossimo. Basti pensare che, a partire dalla metà degli anni ottanta, la principessa di Galles divenne madrina di numerosi enti di beneficenza.
Secondo il protocollo reale, Diana era tenuta a fare regolari apparizioni pubbliche in ospedali, scuole e altre strutture. La principessa sviluppò un forte interesse per alcune cause solitamente ignorate dal resto della Famiglia Reale, tra cui l'AIDS e la lebbra. Fu madrina di associazioni benefiche che lavoravano con i senza tetto, i giovani, i tossicodipendenti e gli anziani, nonché presidente, dal 1989, del Great Ormond Street Hospital for Children di Londra.
Durante il suo ultimo anno, Diana offrì un tangibile sostegno alla Campagna internazionale per il bando delle mine antiuomo, un sostegno che fu decisivo per l'approvazione della legislazione in proposito nel Regno Unito. Su un invito della leader americana del movimento, Jody Williams, Diana si fece fotografare dalla stampa mentre ispezionava un campo minato della ex-Jugoslavia: le sue immagini, con elmetto e giubbotto protettivo, fecero il giro del mondo.
La campagna vinse il premio Nobel per la pace nel 1997, pochi mesi dopo la sua morte. Con la sua immagine, aiutò soprattutto i bambini poveri dell'Africa e fu accanto a personalità come Nelson Mandela, il XIV Dalai Lama Tenzin Gyatso e Madre Teresa di Calcutta, con la quale si incontrò molte volte e che divenne la sua guida spirituale.