Partecipa a Notizie Nazionali

Sei già registrato? Accedi

Password dimenticata? Recuperala

I cittadini della Romania contro la corruzione

Una cronaca-intervista sul ciclo di proteste che potrebbe cambiare radicalmente il volto della politica nel paese

Condividi su:

Da ormai due settimane in Romania è in atto una crisi politica. Il paese, di cui è ricorso lo scorso mese il decimo anniversario dell’adesione all’Unione Europea, è stato attraversato da un'ondata di proteste nelle principali città, culminate con una imponente manifestazione a Bucarest lo scorso 5 febbraio, che ha raccolto circa 300.000 persone. Il movimento si è formato spontaneamente dall’associazione di piattaforme civiche, rappresentanze studentesche ed universitarie e attivisti di base, uniti dal proposito di fermare con ogni mezzo una bozza di decreto di emergenza, proposta dal governo, prevedente l’amnistia per tutti i reati fiscali relativi a somme fino a 250.000 euro, giustificata con la necessità di alleggerire il sovraffollamento carcerario, ma molto più probabilmente ad uso e consumo di un buon numero di esponenti politici nazionali accusati o condannati per corruzione e riciclaggio di denaro.
Considerando il gran numero di cittadini rumeni residenti ed impiegati in Italia, si è ritenuto giusto approfondire la questione, che non ha goduto di grande esposizione nei media italiani, anche con lo scopo di rendersi partecipi di una realtà sociale molto più vicina ed interessante di quanto non si possa credere.
In quest’ottica, abbiamo intervistato Alexandru Volacu, giovanissimo (26 anni) professore di scienza politica presso l’Università Nazionale di Scienze Politiche e Pubblica Amministrazione di Bucarest, vice caporedattore della rivista accademica “Romanian Journal of Society and Politics”, nonché partecipante attivo del movimento di protesta, sia in piazza che nella propria realtà universitaria; che ha saputo esplicare con grande chiarezza le motivazioni dei manifestanti mantenendo tuttavia un focus scientifico ed equilibrato sulla natura dell’agire politico nella società rumena contemporanea.

NN: La Romania spicca (insieme all’Italia) molto in alto in Europa negli indici di corruzione percepita. Quanto è cambiata la situazione dalla fine del socialismo reale ad oggi? Qual è l’estensione reale del fenomeno? Cosa è stato fatto sinora per contrastarla concretamente?

AV: È vero. In Romania, il problema della corruzione è stato politicamente fondamentale sin dal 1990, anche se non è stato fatto molto per contrastarla fino alla fine degli anni Duemila. Dal momento che nulla è stato fatto per affrontare la corruzione ad alto livello, per i cittadini rumeni è impossibile percepirne le reali dimensioni, anche se resta largamente diffusa la convinzione che molti politici e uomini d'affari siano coinvolti in atti di corruzione ad alto livello. Alcune inchieste giornalistiche sono riuscite a dimostrarela diffusione del fenomeno, ma le conseguenze giuridiche per i colpevoli sono state quasi nulle. L'adesione della Romania all'Unione Europea è stata un punto di svolta importante, in quanto il Meccanismo di Cooperazione e Verifica della Commissione Europea ha indotto alla costruzione di una Agenzia nazionale per l'integrità (ANI) e ad un rafforzamento del ruolo del Direttorio nazionale anticorruzione (DNA). Negli ultimi anni il DNA ha fatto rilevare un’impennata nei procedimenti contro politici di alto livello, tra cui ministri, senatori, deputati ed un ex primo ministro. Nel 2015, per esempio, quasi 500 alti dirigenti pubblici sono stati perseguiti dal DNA, con un tasso di condanne di circa il 90%. Tuttavia esiste, nascosta ma molto viva,una seconda forma di corruzione (anche questa considerata dagli organi di garanzia europei), vale a dire la corruzione di basso livello, comune ad ogni cittadino e foraggiata più da modelli culturali tradizionali piuttosto che dalla mancanza di disposizioni di legge che la contrastino. Questa si manifesta nelle normali interazioni con l’amministrazione pubblica, nella sanità, nell’educazione, nella polizia, i cui dipendenti accettano volentieri piccole tangenti al fine di effettuare favori individuali. Questo tipo di corruzione di basso livello è endemica, però, come nel caso di quella di alto livello, sembra anch’essa essere in leggerodeclino negli ultimi anni.

NN: Già lo scorso anno, dopo il tragico rogo del Colectiv, vi erano state grandi manifestazioni anticorruzione, che avevano indotto le dimissioni del primo ministro Victor Ponta, a cui ora fanno seguito questi movimenti, che stanno mettendo in crisi il governo di Sorin Grindeanu. Cosa succederà ora nel Partito Socialdemocratico? Quali misure potrà adottare per continuare ad essere credibile come attore di governo sul piano internazionale (considerando che solo pochi mesi fa è stato elogiato internazionalmente per essere quasi riuscito a nominare la prima donna mussulmana a capo di un governo occidentale)?

AV: Anzitutto è importante notare che dopo l'incendio del Colectiv, le dimissioni del gabinetto Ponta non sono state prive di opportunità politiche per il Partito Socialdemocratico (PSD). Un dato che molte persone attualmente trascurano è che le proteste chenon avevano come obiettivo le dimissioni del governo, ma soltanto quelle del presidente del IV Settore di Bucarest e quelle del ministro degli interni, sicuramente più responsabili nel disastro rispetto al primo ministro. Tuttavia l'allora presidente del PSD approfittò delle proteste per spodestare Victor Ponta, consolidando in tal modo la propria posizione nel partito, portandolo all'opposizione e cercando di capitalizzare l’essere arrivato alle elezionilontano dal governo. Il PSD è saldamente sotto il controllo del suo presidente, Liviu Dragnea, proveniente dai ranghi dell'amministrazione locale, che è riuscito ad imporsi grazie all’appoggio di dirigenti con un background simile al suo, neutralizzando la maggior parte del dissenso interno e rendendo il suo potere quasi intoccabile. Pur non riuscendo a diventare egli stesso primo ministro dopo le elezioni del dicembre 2016 a causa di problemi giudiziari (è stato condannato a due anni di reclusione con pena sospesa), era chiara la sua ambizione di mettere a capo del governo una persona incapace di intaccarne la leadership, e questo è esattamente quello che Sorin Grindeanu è. Nonostante i plausi internazionali ricevuti, anche la prima candidatura respinta dal presidente, Sevil Shhaideh, donna musulmana di etnia turco-tatara, rispondeva a questa esigenza, essendo stata scelta principalmente per la propria fedeltà a Dragnea. Per quanto riguarda i movimenti in corso all'interno del partito, non vi è in questo momento alcuna forma di opposizione al leader, e quella presente è quasi del tutto nascosta. Dopo le proteste sono effettivamente giunte le dimissioni di un ministro e di un ex ministro dal partito, insieme ad altri pochissimi funzionari (due membri del Parlamento Europeo e il sindaco di Iasi), motivate dalla loro personale opposizione al decreto, ma non sembra che al momento il PSD possa inaugurare grandi cambiamenti, anche di fronte al rischio di perdita del sostegno popolare.

NN: Considerando che nel paese si parla già di transizione, chi saranno gli sfidanti più importanti del PSD e quale sarebbe il profilo ideale di un loro leader? Le opposizioni sono immuni al “latrocinio”?Che cambiamenti potrebbero apportarealle forme del governo e della democrazia in generale in Romania?

AV: L’Unione Salva Romania (USR) è un partito di nuova formazione (2016) e sta rappresentando la principale forza politica anti-establishment. Riuscito ad ottenere circa il 9% dei voti nelle elezioni del dicembre 2016, ha portato l'opposizione parlamentare più forte contro le modifiche proposte. Molti dei suoi membri provengono dalla società civile e sono generalmente visti come un’alternativa "pulita" contro le istituzioni corrotte, rappresentate da tutti gli altri partiti parlamentari. Il suo problema principale è l’assenza di un leader carismatico, fatto che lo rende diviso internamente sulle proposte sociali ed economiche, ma nonostante ciò sembra che possa essere rilevante per gli anni a venire. Un altro gruppo, Demos (Democrazia e Solidarietà), che attualmente si autodefinisce una piattaforma civica ma che probabilmente si strutturerà come partito politico, ha la possibilità di crescere nei prossimi mesi, partendo da una prospettiva di sinistra molto più omogenea. Insieme all’USR, ci sono altri partiti tradizionali che si sono opposti apertamente alle modifiche proposte dal decreto governativo sul codice penale ed il disegno di legge sul perdono di alcuni crimini fiscali, ma in modo molto meno acceso dell’USR, a tal punto da far sorgere il sospetto che questo venga fatto solo per ottenere capitale elettorale, avendo anch’essi problemi di corruzione che li renderebbero potenziali beneficiari delle modifiche proposte. Nessuna transizione è probabile in questo momento, visto che in realtà è solo una minoranza di manifestanti a chiedere le dimissioni del governo, che invece ha ancora il sostegno sufficiente in Parlamento per sopravvivere ad un voto di sfiducia. Così, anche se milioni di cittadini rumeni non hanno più alcuna fiducia nel governo, sono essi stessi a capire che sarebbe molto problematico chiedere le dimissioni in questo momento per ragioni pragmatiche.

NN: Forse il paragone potrebbe essere un po’ azzardato, ma le proteste delle grandi città rumene richiamano quello che negli Stati Uniti stanno portando avanti gli oppositori della presidenza Trump. Che differenza c’è nel peso specifico tra i movimenti di massa in un paese dalla storia democratica antica come gli USA ed in uno in cui questa è recentissima come la Romania? C’è un consenso diffuso per le proteste oppure no? Quali obiettivi possono realisticamente ottenere?

AV: Se è vero che la democrazia in Romania è tornata soltanto 27 anni fa, è vero anche che i romeni hanno sviluppato subito una cultura molto solida di protesta civile. In primo luogo, il rovesciamento del regime di Ceausescu è stato portato avanti attraverso una vera e propria rivoluzione sociale, che, a differenza di altri paesi dell'Europa orientale, è stata segnata da una violenta repressione da parte del governo. In secondo luogo, le azioni pacifiche di disobbedienza civile ricominciarono già nel 1990 e hanno subito una nuova impennata a partire dal 2012. Da allora, questo tipo di proteste hanno fatto cadere due governi, sono riuscite a bloccare un imponente progetto internazionale di una miniera di cianuro, e sono ora riuscite a costringere il governo a fare marcia indietro nel suo attacco al potere giudiziario. Un aspetto interessante di questi tipi di proteste è che di solito hanno obiettivi molto specifici e ampiamente condivisi, riuscendo a sopravvivere fino al raggiungimento dello scopo. Nel caso specifico delle proteste attualmente in corso, il tema della lotta alla corruzione è abbastanza unificante, quindi c’è un ampio sostegno per le proteste. Il fronte contrario è principalmente formata da sostenitori del PSD, che sono stati fidelizzati sia dai benefici economici che hanno ricevuto dalle loro politiche, sia da una campagna mediatica sistematica condotta da alcune televisioni e giornali negli ultimi due anni, mirante a screditare il sistema giudiziario ed il Direttorio Anticorruzione. Dunque, la scorsa domenica, mentre circa 600.000 persone sono scese in piazza per protestare contro il decreto in tutto il paese, 2.000 persone in totale hanno manifestato a favore del governo e contro il Presidente.
Penso che ci siano molte differenze importanti tra le proteste romene e ciò che è attualmente in corso negli Stati Uniti. Anzitutto i manifestanti statunitensi non sembrano avere sempre obiettivi specifici in mente quando protestano, se non l’opposizione a Trump. A mio parere, le proteste degli Stati Uniti dovrebbero essere di ancor più ampia portata rispetto a quelle in Romania, a causa della minaccia più grande che Trump e la sua squadra (in particolare Steven Bannon) rappresentano per il sistema politico degli Stati Uniti. In secondo luogo, è importante notare che i manifestanti rumeni non sono i soli ad opporsi al decreto governativo, in quanto sostenuti dalla Presidenza della Repubblica, dal Direttorio, dalla procura generale, il Consiglio Superiore della Magistratura, la Commissione europea, alcune Ambasciate straniere, alcuni media, la maggior parte della società civile, le ONG, molte aziende private e, si dice, anche da parti dei servizi segreti. Negli Stati Uniti, molti giudici ed alcuni membri del Partito democratico (in particolare quelli dell’ala più progressista) hanno cominciato a riprendersi ruoli importanti nelle proteste, ma questo supporto è molto meno incisivo di quello visto in Romania.

NN: Come mostrano diversi esempi nella storia recente (Ungheria, Polonia, paesi dell’Asia Orientale e dell’America Latina, la stessa Italia), le proteste anticorruzione sono state spesso utilizzate da consistenti parti dell’establishment già al potere per “ripulirsi”, acquisire consensi e stabilire istituzioni ancora più autoritarie. L’attuale movimento in Romania ha maturità sufficiente per resistere a tentativi di incanalamento politico di questo tipo?

AV: Sicuramente questo resta da vedere, anche se, ed in questo l’Italia è un esempio perfetto, con i casi di Antonio Di Pietro, Gerardo D'Ambrosio, Tiziana Parenti e altri magistrati italiani associati a Mani Pulite; nessun magistrato rumeno desidera spendersi attivamente in politica, come affermato anche dall'attuale capo-procuratore del DNA, Laura Codruta Kovesi. D'altronde, è importante sottolineare che la battaglia in corso sul decreto di emergenza ed il progetto di legge proposto dal governo non è affatto uno scontro fra angeli e demoni, e molte persone sia nel ramo giudiziario che nell’arco costituzionale non sono del tutto esenti da colpe. Piuttosto, per molti manifestanti, questa è una battaglia più sfumata tra un sistema politico governato da regole e istituzioni, che possono essere a volte utilizzate per giochi di potere politici, come è giusto che sia in ogni democrazia; ed un sistema politico governato in base al potere acquisito da qualunque politico corrotto che abbia ottenuto influenza per un certo periodo, Con queste scelte di fronte a loro, la maggior parte dei cittadini romeni hanno scelto il primo rispetto al secondo.

Condividi su:

Seguici su Facebook