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Costa d’Avorio, il battesimo jihadista

Blood Sunday di metà marzo non solo in Turchia

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Non solo Ankara, con i suoi trenta e più morti.

A margine del clamore suscitato dalla cattura di Salah Abdeslam, la mente degli attentati di Parigi del 16 novembre 2015,  non si può non ricordare che a sconvolgere e ad insanguinare questa metà di marzo ci sono anche i fatti altrettanto tragici e sanguinosi della Costa d’Avorio, dove il 13 marzo scorso, quasi nelle stesse ore in cui un’autobomba esplodeva nel cuore della capitale turca, per la prima volta la Jihad firmava una strage attraverso una serie di attacchi. Teatro dell’azione di morte è stata Grand-Bassam, località balneare frequentati da occidentali (una Sousse ivoriana potremmo dire, per chi ha memoria delle più recenti azioni terroristiche di matrice jihadista).

Tra le prime emittenti a riferire dell’accaduto c’è stata l’emittente francese Tf1, che ha subito incluso nel conto delle vittime (quindici in tutto, secondo le prime stime) anche cinque europei. Col passare delle ore la Polizia ivoriana ha rettificato i dati: i morti sarebbero sedici e gli europei compresi nel calcolo quattro e non cinque: tra essi c'erano un francese e un tedesco

Secondo le prime ricostruzioni, un commando arrivato dal mare con un’imbarcazione, e composto di quindici uomini armati di kalashnikov, avrebbe aperto il fuoco sui turisti che in quel momento si trovavano in spiaggia. Due i luoghi contro i quali si è sviluppato l’attacco: l’hotel Koral Beach e il resort Etoile du Sud. Compiuta la sparatoria, gli uomini del commando si sono dati alla fuga, anticipando di poco l’arrivo delle forze di sicurezza, che si sono premurate di mettere in salvo i feriti, gli ospiti non colpiti delle due strutture e tutto il personale lavorativo variamente coinvolto nei fatti.

Tra i primi gruppi a rivendicare l’assalto c’è stata la Rete di al Qaeda per il Maghreb.

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