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Iraq, Isis distrugge monastero cristiano

Era il più antico del Paese

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Monastero di Sant’Elia.

Il più antico monastero cristiano dell’Iraq. Dal 20 gennaio non esiste più, annuncia l’Ansa. Polverizzato: è l’ultima parola che si può dire di esso. Si tratta, è tristemente facile dirlo, dell’ultima decapitazione del patrimonio storico-archeologico-culturale dell’umanità operata dall’Isis.

Dominava Mosul, il monastero di Sant’Elia. Sopra la città erede di Ninive si ergeva dal 590 a.C. L’attuale Iraq allora era una provincia persiana: erano i tempi in cui Cosroe I e Cosroe II attuavano una prepotente spinta espansionistica ai danni dell’impero bizantino.  Pur appartenendo ad un impero non cristiano, il Paese ospitava comunque dentro di sé comunità di cristiani diverse tra loro (nestoriani, giacobiti, melchiti, ecc.), che hanno lasciato un’impronta culturale indelebile, pur se minoritaria. E un’eredità, anche artistica, che ha continuato a sopravvivere durante la lunga dominazione degli Arabi, poi sotto quella ancor più lunga dei Turchi Ottomani, e via via fino ad oggi. Fino a quando non ha incontrato il flagello dello Stato Islamico.

Da veri sciacalli della storia, gli uomini del Califfato, esattamente come a Palmira e ad Hatra, hanno di nuovo scagliato i loro bulldozer e i loro esplosivi contro un monumento tutt’altro che integro, anzi, in via di inesorabile disfacimento, eppure ancora in grado di stare in piedi, e con invidiabile regalità. Al monastero, infatti, mancava , e da tempo, quasi l’intero tetto: per questo, anche con una semplice visione dall’alto, era possibile fare una mappatura precisa degli ambienti interni, 25 stanze e una cappella

Grattacieli chiamiamo gli edifici vertiginosi che sembrano voler scalare le altezze celesti, e quasi “fare il solleticoad esse con le loro cime; grattasecoli dovremmo invece chiamare tutti quegli edifici e monumenti sopravvissuti da epoche lontanissime, naturalmente non proprio allo stato di semplici resti archeologici; e questo appunto perché in un certo senso vennero costruiti per essere immortali, e per “fare il solletico” ai secoli. Bene, il monastero di cui abbiamo parlato non era uno di questi, non era come le piramidi: ma davvero dovremmo augurarci che si ponga fine a questo tipo di scempio, che in fondo non ha neppure la dignità  di una vera devastazione bellica, prima che l’idologia che lo ispira arrivi a non accontentarsi più di tesori della storia umana in rovina

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