Durissima protesta diplomatica e manifestazioni di piazza in Iran, culminate con l'attacco ad un consolato saudita le prime conseguenze delle ultime condanne a morte in Arabia Saudita.
Sono state ben 47 le condanne a morte eseguite oggi in Arabia Saudita, tutte attribuite per terrorismo.
Secondo quanto dichiarato dal Ministero all'Interno e Sicurezza saudita – riportato dal giornale Al-Arabiya – i condannati, 45 sauditi, un egiziano e un africano del Ciad, sono responsabili di aver progettato e messo in atto attentati terroristici per conto della famigerata organizzazione Al-Qaeda.
Quattro fucilazioni per altrettanti condannati, mentre gli altri sono stati decapitati e successivamente impiccati, come forma più severa di punizione dettata dalla Sharia islamica tristemente in vigore nel paese arabo.
Tra le persone messe a morte però è spiccato il nome del 55enne Nimr Al-Nimr, conosciuto imam sciita condannato ad ottobre 2015 per incitamento alla rivolta religiosa, che in passato si era fatto notare per le sue richieste pacifiche su maggiori diritti nei confronti della minoranza sciita in Arabia Saudita, dove rappresenta il 15% della popolazione.
In un paese che ha visto lo scorso anno effettuare ben 151 esecuzioni – rispetto alle 90 registrate nel 2014 – secondo quanto riportato da Amnesty International, il nuovo anno si apre con una così pesante cifra in un solo giorno dando poche speranze ad un miglioramento dei diritti umani nello stato arabo.
Ora, con l'uccisione di un personaggio di spicco come Al-Nimr ha poi provocato una reazione violenta su più fronti: l'Iran, attraverso il portavoce del Ministero degli Esteri Hossein Jaber Ansari ha convocato d'urgenza l'ambasciatore saudita a Teheran esprimendo una formale protesta per le condanne, in particolar modo per l'imam sciita, dichiarando anche sdegno per l'accaduto: l'Arabia Saudita ''pagherà'' per l'esecuzione di al-Nimr – ha dichiarato - Il governo saudita sostiene i terroristi e gli estremisti takfiri - termine usato per indicare i sunniti radicali - mentre giustizia e sopprime le voci critiche all'interno del Paese.
Insieme alla protesta diplomatica è arrivata però anche quella di piazza, ben più incisiva e violenta: migliaia di sciiti iraniani hanno manifestato a gran voce contro l'Arabia Saudita arrivando, nella città di Shamad, ad attaccare l'ambasciata del paese: alcuni manifestanti hanno scalato la recinzione della struttura arrivando a strappare la bandiera saudita tra le grida della folla e a devastare alcune stanze, appiccando poi il fuoco.
Non si sono fatte attendere neanche le reazioni dal resto del mondo arabo: Un grave errore è stata definita l'uccisione di Al-Nimr dal Supremo Consiglio Sciita del Libano secondo il giornale Haaretz, mentre il movimento Hezbollah – Partito di Dio è sceso in strada protestando violentemente a Beirut e in molti altre nazioni.
Una morte che porterà alla caduta del governo di Riad – sono le parole dall'Iraq dell'ex primo ministro Al-Maliki mentre in Arabia Saudita centinaia di sciiti sono sfilati verso la casa del imam ucciso a Qatif scandendo slogan contro Re Saud.
Da Kuwait, Libano e Yemen i maggiori leader sciiti parlano di rappresaglia per quanto accaduto, rendendo ancora più incandescente il clima che ormai da tempo versa in Medio Oriente.
Ancora nessuna reazione rilevante dal mondo occidentale riguardo all'accaduto, che nell'Arabia Saudita vede un partner economico e militare su più fronti.