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Roma, addio a Rendina, partigiano-giornalista

Era vicepresidente dell’Anpi

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Si è spento a Roma domenica 8 febbraio, alla veneranda età di 95 anni, l’ex partigiano Massimo Rendina, passato alla storia della Resistenza col nome di battaglia di “Max il giornalista”. E non per caso: nato a Venezia nel 1920, aveva già avuto dei trascorsi nel Resto del Carlino, dove era stato collega di Enzo Biagi,  nel momento in cui aveva deciso di impegnarsi nella lotta volontaria contro il nazifascismo, al comando della 19° e poi della 103a brigata Garibaldi. Ma già nelle ultime fasi della guerra “Max” a Torino, la città che avrebbe poi contribuito a liberare, aveva  ripreso il suo vecchio mestiere, all’Unità. In seguito si occupò di cinema e divenne curatore della Settimana Incom prima del grande balzo in Rai, azienda dove era destinato a dirigere il primo telegiornale italiano.
Presidente per dodici anni del Comitato provinciale romano dell’Associazione Nazionale Partigiani, nel 2011 Rendina ne era diventato uno dei vicepresidenti nazionali. In quello stesso anno aveva accettato – cosa mai successa prima - di parlare davanti a una telecamera della sua esperienza  di partigiano, per il documentario di Claudio Costa a lui dedicato, Comandante Max. Non che in precedenza non avesse mai ripercorso quell’esaltante stagione della sua vita: lo aveva fatto, anzi, e da tempo, come storico e memorialista della Resistenza. Questa sua attività di ricerca parallela a quella di giornalista era culminata nella pubblicazione di due opere fondamentali alla metà degli anni ’90 (uscirono in effetti entrambe nello stesso anno, il ’95): il saggio Italia 1943-45. Guerra civile o resistenza? e il Dizionario della Resistenza italiana.

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