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Giovanni Palatucci: eroe o mito senza fondamento?

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Sono tanti, in Italia, i monumenti, le piazze e le strade intitolate a Giovanni Palatucci, funzionario di polizia italiano di stanza a Fiume al servizio della Repubblica Sociale fascista. Palatucci, negli anni della Seconda Guerra Mondiale avrebbe salvato, secondo le versioni fino a poco tempo fa più accreditate, migliaia di ebrei dall'Olocausto.
Ma quel monumento, alla luce di quanto scoperto, rischia di rappresentare l'omaggio a un probabile collaboratore dei tedeschi.
Giovanni Palatucci aderì poco più che trentenne alla Repubblica di Salò, diventando in breve tempo vicecommissario aggiunto di pubblica sicurezza addetto alla schedatura dei cittadini ebrei – una figura che secondo alcuni è omologa a quella del questore, da cui l'appellativo presente in molte targhe. Fu insignito della Medaglia d'oro al Valore civile nel 1995, Servo di Dio per la chiesa cattolica dal 2004 e 'Giusto fra le nazioni' dal 1990 in Israele. Un titolo, questo, che il Museo dell'Olocausto di Gerusalemme Yad Vashem gli assegnò per avere aiutato una sola donna, Elena Aschkenasy, e non migliaia di persone, come racconta invece quella che potrebbe essere una 'vulgata' o alla peggio un falso storico. Mordecai Paldiel, ex direttore del museo, ha affermato, proprio nella tavola rotonda che ha messo in dubbio quella che era considerata la verità storica sul 'questore', che “la commissione del Museo non ha rinvenuto alcuna prova né testimonianza che avesse prestato assistenza al di là del caso di Aschkenasy”.
Numerose sono le ombre che, peraltro, sono sempre state presenti sulla figura di Palatucci. La sua fama deriva dalle dichiarazioni rese da Giuseppe Maria Palatucci, vescovo e zio del funzionario di polizia di origine irpina, il quale nel 1952 dichiarò che il nipote aveva tolto “numerosissimi” ebrei dalle mani dei nazisti, facendoli portare al Campo di Concentramento di Campagna, in provincia di Salerno, dove il governo fascista italiano deportava gli ebrei italiani e dove, si dice, lo stesso vescovo Palatucci aveva la possibilità di proteggere i deportati dalla crudeltà nazista. Una storia a quanto pare già smentita da un memorandum del Ministero dell'Interno nello stesso anno, e un falso anche secondo Anna Pizzuti, curatrice del database degli ebrei stranieri internati in Italia: “quaranta in tutto sono i fiumani internati a Campagna, un terzo dei quali finì ad Auschwitz”. Mentre secondo la monografia di Silva Bon Le Comunità ebraiche della Provincia italiana del Carnaro Fiume e Abbazia (1924-1945) e i dati raccolti nel Libro della Memoria di Liliana Picciotto, durante la breve reggenza di Palatucci la percentuale di ebrei deportati da Fiume fu tra le più alte d’Italia. Falsa sarebbe anche l'attribuzione a Palatucci della fuga di 800 ebrei a bordo del battello greco Agia Zoni, che salpò da Fiume nel 1939 diretto in Palestina. Un'operazione che i documenti (il diario della guida del gruppo conservato in Israele e i registri della capitaneria di porto) attribuiscono invece, come riporta il Corriere della Sera, ai superiori di Palatucci.
Le ombre sul 'questore' di Fiume si sono quindi addensate nel giugno di quest'anno, per le dichiarazioni pubbliche di Natalia Indrimi, direttore del Centro studi 'Primo Levi' di New York che insieme al Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea di Milano ha studiato centinaia di documenti per cercare le prove della condotta eroica di Palatucci durante il suo lavoro a Fiume. Indrimi ha scritto una lettera al Museo della Memoria dell'Olocausto di Wasthington, affermando, come riporta il New York Times il 20 giugno, che la figura di Palatucci rappresenta “l'omertà, l’arroganza e la condiscendenza di molti giovani funzionari italiani che seguirono con entusiasmo Mussolini nei suoi ultimi disastrosi passi”. Un'affermazione grave che ha portato, come scrive la testata americana, ripresa anche da giornali italiani come la Stampa, Repubblica e Corriere della Sera, lo stesso Museo statunitense a rimuovere il nome di Palatucci dalla mostra che si stava svolgendo nei suoi locali, e ha messo in allerta il Vaticano e lo Yad Vashem, il Museo dell'Olocausto di Gerusalemme, che stanno studiando il caso. Mentre la Lega Anti-Diffamazione, un'importante associazione di ebrei americani vicina al B'nai B'rith che nel 2005 aveva attribuito a Palatucci il suo 'Courage to care award', ha già fatto sapere di avere ritirato l'onorificenza.
Di una “gigantizzazione irreale della figura di Palatucci” ha parlato Michele Sarfatti, lo studioso italiano tra i massimi esperti della questione ebraica nell'Italia fascista, che ha seguito la ricerca per conto del Centro Primo Levi di New York. “Il sistema delle onoranze nei confronti di Giovanni Palatucci ha preceduto il lavoro di ricerca storica”, ha spiegato, “questo è il motivo per cui a lui sono state attribuite in modo acritico azioni che nessuno aveva mai verificato essere state compiute veramente da lui”.
Sarfatti non condivide, però, la lettura secondo la quale Palatucci sarebbe stato addirittura un “volenteroso esecutore delle leggi razziali”; tuttavia, le già citate reazioni delle istituzioni ebraiche e del Vaticano, che da anni aveva avviato la causa di santificazione del funzionario italiano, lasciano intendere che la figura de 'l'ultimo questore di Fiume' sia ancora tutta da illuminare. A complicare ulteriormente la vicenda c'è proprio la grande importanza data dalla Chiesa alla figura del cattolico Palatucci, considerato dal Vaticano la dimostrazione che Pio XII, pur tacendo pubblicamente, fu attivamente impegnato nel contrastare l'Olocausto.
Non mancano, tra i commenti sul web, anche coloro che smentiscono categoricamente le tesi esposte negli Stati Uniti, affermando di conoscere personalmente ebrei salvati da Palatucci, e che chi lo conosceva sapeva del suo animo buono ed eroico. Altri affermano inoltre che, essendo Fiume città di frontiera, i dati sulla presenza di ebrei nella città istriana siano ininfluenti. Ma l'autorevolezza delle fonti che contestano la figura del 'questore' impone quantomeno una indagine più approfondita per stabilire quale sia la verità storica, e per essere certi di non aver intitolato piazze, strade e monumenti a un personaggio che potrebbe essere stato tutt'altro che eroico.

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