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Perché (e per volere di chi) il diritto alla rivolta non venne inserito nella Costituzione

Riconosciuto in 37 paesi del mondo, inizialmente inserito nella bozza della carta costituzionale, poi ritirato

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Le restrizioni delle libertà personali a cui siamo sottoposti dal Governo in nome dell’emergenza sanitaria causa Coronavirus non hanno eguali in tutta la storia repubblicana. Limitazioni – va detto – rese durissime dalla quarantena domiciliare.

Tutti a casa (leggi qui “Chiusi in casa, tutti i mali fisici e psicologici della quarantena”), si esce soltanto e rapidamente (un solo componente della famiglia) per raggiungere (con tanto di autocertificazione in tasca) il supermercato più vicino al proprio domicilio, la farmacia, il tabacchino, l’edicola.

È inoltre concessa la libertà di lasciare il proprio domicilio per comprovate necessità sanitarie e lavorative. Infine, velocissime discese per permettere ai cani di poter espletare i propri bisogni, nulla più. Neppure una boccata d’aria per i più piccoli. Questa - prima concessa da una circolare del Viminale, poi negata dal Presidente del Consiglio dei Ministri Conte – è solo l’ultima delle incongruenze riscontrate da quando (e anche prima) siamo stati inseriti in regime di  Lockdown.

Basta così? – No, perché il quadro economico è disastroso, e le risorse messe in campo per fronteggiare l’emergenza sono irrisorie, ridicole. Pochi spicci alle partite iva, cassa integrazione per i lavoratori, due soldi ai comuni per le famiglie che non sono più in grado neppure di comperare cibo, nessun provvedimento che tenga conto dei quasi quattro milioni di lavoratori al nero e nessun reddito né di quarantena né di emergenza. Uno scenario (in peggioramento) che porterà l’intero tessuto produttivo italiano al collasso, tanto che si pensa già alla ricostruzione. Un nuovo secondo dopo guerra che non avrà però la potenza di fuoco del Piano Marshall, piuttosto le sembianza del Mes o di qualcosa di simile. Tutto, ovviamente, a carico della collettività. Povertà che genera povertà.

Pericoli disordini – Con un’informativa al Governo, l’intelligence ha messo in guardia da possibili, se non probabili disordini e rivolte specie nel mezzogiorno, dove le tasche della gente sono più povere e dove le mafie potrebbero incanalare e assoldare il malcontento e l’insofferenza dei più scatenando sommosse.

Il diritto alla ribellione - Il diritto alla ribellione è previsto dalle Costituzioni di 37 paesi in tutto il mondo, la maggior parte dei quali situati in America centrale, in Sudamerica e in Europa occidentale. Anche in Africa alcune costituzioni garantiscono questo diritto ai loro cittadini, ad esempio il Benin, il Ghana, Capo Verde e il Ruanda; in quest'ultimo Stato la norma costituzionale è stata introdotta dopo il genocidio del 1994. In Asia la sola nazione in cui questa prerogativa può essere legittimamente esercitata è la Thailandia e tale diritto è invocato dalle varie fazioni coinvolte nella querelle seguita alla crisi politica del 2008. Per quanto riguarda Cuba il ricorso al diritto alla ribellione è peculiare: fu introdotto nella Costituzione da Fulgencio Batista nel 1940 dopo aver rovesciato il governo di Carlos Prío Socarrás, per giustificare la sua dittatura ma fu il suo stesso rivale, Fidel Castro, ad avvantaggiarsi di tale norma costituzionale nel 1953 dopo essere stato arrestato per un fallito tentativo di rivoluzione. Anche grazie a tale preesistente norma, l'allora giovane Fidel Castro strappò al termine del processo una pena relativamente lieve. Nella Costituzione francese il diritto alla ribellione è sancito come il diritto di "resistere all’oppressione", mentre la Grundgesetz tedesca riconosce ai suoi cittadini il diritto di resistere contro i tentativi di abolizione della carta costituzionale.

Cosa dice la Costituzione italiana - Per quanto riguarda l'Italia una delle prime bozze della Costituzione della Repubblica Italiana, sottoposta al vaglio dell'Assemblea Costituente, nell'articolo 50 (che poi sarebbe diventato l'attuale articolo 54) riportava nel secondo comma.

“Quando i poteri pubblici violino le libertà fondamentali ed i diritti garantiti dalla Costituzione, la resistenza all’oppressione è diritto e dovere del cittadino”. L'Assemblea dibatté a lungo sulla necessità di introdurre nella Costituzione uno specifico passaggio che ribadisse tale prerogativa in caso di abuso da parte delle istituzioni; nella seduta del 5 dicembre 1946 tuttavia, per il volere, soprattutto, della Democrazia Cristiana. Il deputato Costantino Mortati, principale oppositore all'introduzione del diritto di resistenza nella Costituzione repubblicana, sottolineando l'oggettiva difficoltà nel riuscire a distinguere la legittima ribellione da quella illegittima, convinse l'Assemblea a espungere tale comma dal testo.

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