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In Libia è guerra

Il mondo si spartisce il petrolio libico; l’Italia rischia l’invasione di 800.00 migranti.

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Khalifa Haftar,  l’uomo forte di Bengasi nella Cirenaica, zona a oriente della Libia, confinante con l’Egitto, ha deciso lo scontro finale contro il premier Al Serraj  e il suo governo della capitale libica, Tripoli, nella Tripolitania, confinante con la Tunisia.  Al Serraj Ã¨ il premier riconosciuto dalle Nazioni Unite che questa sera fanno sapere che in Libia è in corso non una guerra ma un colpo di stato a danno di un governo legittimamente riconosciuto dalla Comunità Internazionale. L’Italia è in linea con l’ONU e assiste, abbastanza impotentemente, alle vicende che vengono gestite tra la capitale della Russia, con Putin in primo piano, e quella dell’Arabia Saudita a favore del generale Haftar che è supportato, in modo esplicito, anche dall’Egitto e dagli Emirati Arabi Uniti: in modo particolarmente non chiara, Haftar conta anche dell’appoggio della Francia di Macron.

l’Arabia Saudita appoggia Haftar perché lo considera il  vero avversario del terrorismo islamico, che rappresenta un pericolo importante per il loro regno. In questa prospettiva politica, nel 2013, l’Arabia supportò anche l’attuale governante dell’Egitto, il generale Al-Sisi, contro la Fratellanza Musulmana dell’allora presidente Mohammed Morsi. Ma non c’è solo questo. Ci sono forti interessi economici legati alla possibilità, per l’Arabia, di unire le proprie potenzialità petrolifere, già enormi, a quelle del campo petrolifero di Sharara, il più importante della Libia, già nelle mani di Haftar ma non ancora commercialmente e finanziariamente utilizzabile perché gestito centralmente da una struttura localizzata sotto il potere di al Serraj.
L’Egitto supporta il generale Haftar sia nella logica di combattere il terrorismo islamico sia perché anch’esso, privo di giacimenti petroliferi, è interessato alle alleanze che possono gestire la più grande produzione di petrolio al mondo.
Analogamente la Russia sostiene Haftar per due motivi: vuole vendere armi all’Esercito Nazionale Libico, ma anche evitare che l’Arabia Saudita, potendo disporre, tramite Haftar, del campo petrolifero di Sharara , diventi il massimo, senza confronti, esportatore di greggio del mondo ed essere il decisore del prezzo del petrolio.

La Francia, senza sporcarsi troppo le mani, vuole diventare il cliente privilegiato del petrolio libico.

L’Italia,in tutto questo rischia che 800.000 libici prendano il mare per fuggire dalla guerra. Lascia perplessi che, mentre al tavolo internazionale si sta decidendo in merito a chi gestirà il petrolio libico, in Italia  si preoccupano solo di litigare tra chi, come Salvini, continua a dire che i porti sono chiusi e chi, come i 5S o il PD, sostiene che il diritto internazionale non consente di respingere i rifugiati che scappano da una guerra. D’altra parte, Salvini ha sempre calcato la mano sulla la differenza tra chi scappa da una guerra, da accogliere, e chi lo fa per cercare condizioni migliori, da respingere. Evidentemente non vuole essere travolto in questo momento delicato delle elezioni europee. 

 

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