PIANA POST-INDUSTRIALE SARDEGNA CENTRALE. C'è una zona morta nel territorio di Bolotana, al confine con Ottana: un luogo inospitale, brutto, dove l'aria è malsana ed il panorama è desertico, tendente alla desolazione.
Non ci si va a passeggiare, non ci si va proprio in realtà, è un po' come se fosse stato rimosso dalla memoria collettiva: sono gli spazi del Contratto d'Area, dove Milioni di Euro di soldi pubblici sono stati gettati al vento in nome di un secondo sogno industriale dai contorni truffaldini.
Una distesa di capannoni industriali chiusi, nella maggior parte dei casi mai aperti, mai produttivi, mai nulla: una enorme rappresentazione reale del fallimento di un progetto di sviluppo che forse, alla prova dei fatti, altro non era che una gigantesca beffa ai danni del Centro Sardegna.
Lo chiamano, e lo chiamiamo anche noi, “deserto industriale”, ma a ben guardare in quella desolazione qualcosa c'è, qualcosa vive, qualcosa si muove: i Rifiuti per esempio, e le Pecore, le pecore che pascolano tra i rifiuti.
Come è possibile? Di chi sono quei capannoni? Chi li controlla?
Siamo entrati dentro uno di questi simboli della truffa, ci siamo entrati in 50 per la 1^ tappa del Festival della Resilienza che si è svolta a Bolotana: un grande capannone apparentemente abbandonato, privo di cancello, aperto all'ingresso di chiunque.
Le foto (in alto) raccontano ciò che abbiamo trovato al suo interno: Rifiuti, rifiuti di ogni genere, stipati dentro i grandi stanzoni della struttura, tra l'altro meticolosamente differenziati; da una parte i frigo, dall'altra materassi e divani, dall'altra televisori e poi plastica, bustoni di plastica differenziata e ormai sparpagliata per tutto il pavimento; e ancora, cassonetti per la differenziata e addirittura medicinali. Il tutto circondato da un tappeto di escrementi di pecora e dal guano degli uccelli, traccia indelebile della vita che, nonostante la presenza dei rifiuti, si è insediata nel sito.
All'esterno,nel perimetro che circonda il capannone, anch'esso caratterizzato dalla presenza di rifiuti vari, il bestiame al pascolo, presumibilmente lo stesso che poi si rifugia all'interno della struttura.
Un capannone abbandonato trasformato dunque da qualcuno in una Discarica, anche organizzata si potrebbe dire: abusiva? Autorizzata? E se autorizzata, da chi?
E poi il gregge, a nutrirsi di quello che l'habitat offre.
Quel capannone “di nessuno” dovrebbe essere di pertinenza del Tribunale, ma il suo stato attuale sembra rimandare ad un altro scenario.
Poco più avanti, nel perimetro esterno dell'ex enorme capannone della Ildocat, un organizzato ovile con abbeveratoi, allacci all'acqua della rete e gabbie per la mungitura è l'istantanea di una riconversione quantomeno discutibile.