Alle sei e mezza del pomeriggio, nella chiesa madre dove celebra una messa in ricordo di Vincenzo Grasso, una delle centinaia di vittime della mafia che si ricordano oggi.
Questa è la risposta alle scritte di domenica sera, sui muri della Chiesa, amministrazioni e scuole, delle scritte che sembrano suggellare la supremazia della ‘ndrangheta su questi territori, delle scritte contro don Ciotti e gli “sbirri”.
Don Ciotti si appella ai fedeli: una messa in ricordo delle vittime per la mafia e una marcia.
Chi da anni lavora a un progetto di riscatto e di opposizione alla ndrangheta non si tira certo indietro. "Chiunque sia stato a scrivere quelle frasi ci lancia una sfida sul lavoro che noi dobbiamo accettare. Tutti devono avere ben presente che non si può rispondere se non mettendo mano alla iniquità che il nostro territorio è costretto a subire da anni. La nostra strategia è dimostrare che la 'ndrangheta non è solo cattiva ma anche inutile e che l'etica invece è vincente ed efficace. Solo così delegittimeremo le mafie". Uno di questi è Vincenzo Linarello, presidente del Goel, il consorzio sociale che concretizza la sua lotta alla 'ndrangheta con la costruzione di un tessuto sociale ed economico che sta sempre di più allargando le sue attività.
Se c'è una cosa che le cosche non accettano è che la loro "roba" venga riutilizzata a scopo sociale o per far girare l'economia pulita. Con 200 lavoratori dipendenti, un fatturato annuo di sei milioni e mezzo di euro, 12 cooperative, 2 associazioni di volontariato, una fondazione e 28 aziende agricole, i "partigiani" antindrangheta sfidano le cosche, dal food al turismo, dall'agricoltura biologica alla moda, su quel terreno del lavoro che, per chiunque viva la trincea della Locride, è l'unico campo sul quale dovere giocare questa sfida.

