“Qui non è questione di calendario (del congresso ndr), quella è una tecnica. Qui il problema è se siamo il Pd o il Pdr, il Partito di Renzi. Io da Renzi non mi aspetto nulla, ma chi ha buonsenso ce lo metta. Perché siamo a un bivio molto serio”. La pietra tombale sulla possibile scissione all’interno del Pd arriva direttamente da Pierluigi Bersani. Intervistato dai cronisti alla Camera l’ex segretario Dem non ci ha messo molto a far sentire il suo pensiero dopo la direzione che ieri ha sancito la vittoria della linea renziana su assise ed elezioni. “La scissione è già avvenuta tra la nostra gente – ha detto - e io mi chiedo come possiamo recuperarla. In direzione ho visto solo dita negli occhi a questa gente. Non può essere”.
Parole incendiarie le sue che gettano ulteriore benzina sul fuoco di un partito che sta vivendo uno dei suoi più drammatici momenti politici. “Noi – ha aggiunto - come ogni partito normale ce l'abbiamo un canale per discutere a fondo ed eventualmente correggere la linea politica o no? Serve consapevolezza politica: da Renzi non me la aspetto dopo averlo sentito ieri ma da quelli che stanno attorno a lui sì”. Il riferimento potrebbe essere al ministro della giustizia Andrea Orlando, che in direzione aveva esortato a mettere al bando la parola scissione ricordando i danni enormi prodotti nella storia della sinistra: “Scindersi oggi di fronte ad una destra che è sempre più aggressiva e agita l'odio – aveva aggiunto - credo sarebbe una responsabilità che non ci potremmo in alcun modo perdonare”. Oppure al responsabile del ministero per i beni culturali Enrico Franceschini che in un tweet aveva ribadito che “quando in un partito ci sono linee diverse, la strada giusta è un Congresso. E un confronto vero può essere anzi il modo per evitare scissioni”.
“Vedremo” è stata la risposta secca di Bersani che poi ha rincarato la dose nei confronti di Matteo Renzi: “Stiamo parlando di far dimettere Gentiloni in streaming. Facciamo una manutenzione all’azione di governo: se non correggi i voucher arriva la destra e li fa lei, con la scuola abbiamo toppato, sulla finanza pubblica qualcosa bisogna fare e le tabelle non convincono. Renzi deve darmi la possibilità di discutere di questo”. Poi l’affondo finale: “La gente va a votare quando pensa di poter decidere, altrimenti non ci va. Ma non è che sta tranquilla, non ci va e ti fa un mazzo così. Stiamo a parlare di capilista bloccati? Noi diamo i numeri. Fondamento della governabilità, non in Botswana ma in un Paese europeo, è avere un minimo di connessione tra popolo e governabili”.
Intanto l’assemblea del Partito Democratico si terrà domenica all’hotel Parco dei Principi di Roma. Fra ipotesi di scissioni e possibili annunci di dimissioni il destino del Pd potrebbe davvero essere legato a un sottilissimo filo, tanto leggero da potersi rompere da un momento all’altro.