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Pagamento in contanti. Quali sono i limiti?

Le restrizioni all'uso del contante giustificate dalle norme antiriciclaggio

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Nel 2007 il Governo Prodi con il Decreto Legislativo 21 novembre 2007, n. 231 introdusse, in attuazione a diverse direttive comunitarie, dei limiti all’utilizzo del denaro contante per i pagamenti. Il tetto massimo oltre il quale i pagamenti dovevano essere effettuati in forma tracciabile e dunque non con denaro contante era di 1.000 euro. 

Con l’entrata in vigore della Legge 208/2015 questo limite è stato portato a 3.000 euro.

Ma quali sono le situazioni in cui questo limite scatta?
In linea generale questo limite riguarda le operazioni effettuate verso soggetti terzi: in questo caso bisogna per forza utilizzare forme di pagamento come i bonifici bancari o le carte di credito ovvero mezzi tracciabili.

Per quanto riguarda il prelievo e o i versamenti di somme da un istituto di credito da parte di un utente non ci sono limitazioni perché questa somma, una volta versata nel conto corrente, ad esempio, rimane nella disponibilità dell’utente. In caso di utilizzo di quella somma per effettuare versamenti verso terzi allora scatta l’obbligo di forme tracciabili.

I prelievi di somme da istituti bancari o postali superiori ai 3.000 pertanto sono possibili anche se al momento dell’operazione gli addetti possono chiedere le ragioni del prelievo stesso. In questo caso le informazioni verrebbero trasmesse all'Unione Informazione Finanziaria (UIF) il quale, in caso di sospetta operazione di riciclaggio, può inviare le informazioni alla Procura della Repubblica.

Per quanto riguarda il trasferimento di denaro con i sistemi money transfer il tetto massimo è di 999,9 euro.

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