“Le pene devono tendere alla rieducazione del condannato” dichiara l’articolo 27 terzo comma della nostra Costituzione. Un articolo completamente disatteso in tutte le carceri italiani e non fa eccezione il carcere di Sollicciano il principale istituto di detenzione di Firenze, dove la situazione è drammatica.
Prima piaga i cedimenti strutturali, cioè le infiltrazioni di acqua piovana che rendono umide e usurate le mura delle celle e che bagnano i materassi dove i detenuti dormono. Ogni cella misura 12 metri quadrati, nei quali sono compresi water e lavandino. Sono state concepite a suo tempo per ospitare un detenuto e invece ne ospitano almeno tre se non addirittura quattro. Le sezioni, eccetto nido e la zona transessuali, contengono mediamente oltre sessantasei detenuti quando dovrebbero ospitarne un terzo. Ogni sezione dispone di sole cinque docce e da mesi e non arriva più acqua calda.
I tagli effettuati in questi ultimi anni dal Ministero dell’interno hanno reso la vita carceraria al limite della sopravvivenza: non possono essere effettuati i normali interventi di manutenzione, manca la carta igienica e le posate di plastica, di cui ogni detenuto deve dotarsi a sue spese, ( non tutti i detenuti hanno il denaro per acquistarle). Le attività ludiche o lavorative riscuoto sempre meno interesse considerando che la diaria attualmente è ridotta a meno di un euro l’ora e qualora fosse più gratificante non ci sarebbe comunque personale sufficiente per garantire la necessaria vigilanza nei luoghi di lavoro.
Quale è la causa di questo vergognoso dramma? Le risposte potrebbero essere molteplici, Tra i motivi scatenanti sicuramente l’abuso del ricorso alla custodia cautelare, prodotto da leggi ingiuste e assurde come la “Bossi –Fini” la “ Cirielli” la la “Fini- Giovanardi”, che ci avvicina pericolosamente a quei paesi dove il sottosviluppo impera.
I detenuti di Sollicciano come in molte altre carceri italiane, non sono i grandi delinquenti. Sono imputati di reati minori, reati contro il patrimonio vedi furti o borseggi o piccolo spaccio. Tanti sono infatti i tossicodipendenti sul cui possesso di droga, per uso personale o vendita, deve pronunciarsi il magistrato. almeno il 30% di loro è tossicodipendente e riporta le patologie legate all’uso di droga (diversi sono affetti infatti da epatite C). Questi dovrebbero sicuramente soggiornare in una comunità e non in un carcere.
Se i detenuti piangono il personale del carcere sicuramente non ride. Le cifre parlano chiaro: la dotazione operativa è di 692 unità mentre si può contare su una effettiva operatività di meno di 400 operatori. In ogni sezione, viene impiegato un solo agente mentre ne erano previsti almeno tre, con tutto quello che ne consegue per la loro incolumità personale e la sicurezza dell’istituto. Il personale di vigilanza è quindi totalmente inadeguato numericamente per assicurare un servizio consono e funzionale e il numero ridotto comporta turni di lavoro massacranti senza la possibilità di ricorrere alle prestazioni di lavoro straordinario.
Non meraviglia che il numero dei suicidi all’interno dei nostri istituti penitenziari aumenti di giorno in giorno.