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Italia 1947-1957: eravamo braccianti poveri e giramondo

Verso il miracolo. Agricoltura, industria e migrazione nel secondo dopoguerra

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Nell’Italia del secondo dopoguerra il 42.2% dei lavoratori è impiegato nella categoria ‹‹ agricoltura, pesca e caccia ››. Al Sud la percentuale sale al 56%. La disoccupazione è alta e molti, giovani e meno giovani, prendono la decisione di lasciare il paese. L’industria è debole ed è presente solo al Nord nei settori dell’acciaio, dell’automobile, dell’energia elettrica e delle fibre artificiali. L’Italia è a tutti gli effetti un paese arretrato. A parte che nella pianura padana l’agricoltura è praticata con metodi tradizionali, cresce e si modernizza a ritmi più lenti che in Grecia o Turchia. Il piano Marshall, l’emigrazione e la disponibilità di manodopera a basso costo permisero al nostro paese di risalire la china ed avviare un vero e proprio miracolo economico. Un miracolo del quale oggi sentiamo la nostalgia e del quale, forse, paghiamo le conseguenze. 
 

Agricoltura – Grazie a una legge del febbraio 1948 i contadini possono accedere a prestiti rurali ipotecari rimborsabili in 40 anni. Cresce la piccola proprietà contadina. In ogni caso le piccole aziende acquistate dai contadini sono arretrate e misere, non crescono e garantiscono al massimo la sussistenza del nucleo familiare contadino. Cira metà della forza lavoro contadina, salvo che nel Lombardo, in Emilia e, in parte, in Toscana, era in gran parte sottoccupata. Le regioni più povere erano il Mezzogiorno, le isole e il Veneto.
 

Emigrazione – Più di un milione di italiani partirono per le Americhe. Le destinazioni preferite erano Argentina, Venezuela, Canada, Stati Uniti, Australia. In tantissimi partirono per il Sud America, in particolare dal Sud, tanto che nei villaggi calabresi, l’America Latina veniva chiamata “e d’u scordo”, la terra dell’oblio. Molti dei migranti, in genere braccianti disoccupati, partivano per lavori stagionali. Tra loro c’era chi faceva ritorno nelle terre d’origine e chi invece sceglieva di risiedere e lavorare in pianta stabile nel nuovo paese. Non solo America: 840 mila persone migrarono in Europa senza far più ritorno nel Bel Paese. 381 mila italiani si trasferirono in Francia, 200 mila in Svizzera e poco meno in Belgio. La migrazione inter-italiana esisteva e aveva direttrici multiple. In ogni caso, nonostante tutto, il paese non era fermo e aveva la forza per rialzarsi, di dare un calcio al protezionismo fascista, entrare di prepotenza nel mercato comune europeo e diventare uno dei paesi cardine del processo di integrazione europea.
 

La crescita dell’industria e i presupposti del miracolo – Nonostante non fosse paragonabile alla Germania Ovest o a Francia e Inghilterra, l’industria italiana nel decennio 1947-1957 registrò una forte crescita e una buona diversificazione produttiva. Per fare un esempio, la Spagna franchista, paese per molti versi simile all’Italia, fu surclassato in termini di crescita e produzione industriale. La scoperta di giacimenti di Metano e idrocarburi in Val Padana e l’importazione di combustibili fossile voluta da Mattei – alternativa al carbone – diedero un input considerevole allo sviluppo. Oltretutto, sotto la regia di Sinigaglia, lo Stato investì pesantemente nelle acciaieria di Piombino, Caornigliano e Bagnoli e le imprese nostrane ebbero a disposizione una grade quantità di acciaio a buon prezzo. I presupposti per il cosiddetto miracolo economico italiano ci sono tutti: grande disponibilità di risorse, governi disponibili, ondate di fiducia derivanti dagli echi del prossimo stanziamento del Piano Marshall e grande disponibilità di manodopera a basso costo (data anche dalla sconfitta dei sindacati dell’immediato post guerra). La lira è stabile, la Banca d’Italia mantiene un ottimo tasso di sconto e le grandi opere danno linfa e capitali vitali per le aziende private. La Cassa del Mezzogiorno permette la creazione di grandi opere pubbliche anche al Sud.
 

È il primo passo verso quello che, parafrasando il titolo del libro di Guido Crainz, è definito il ‹‹Miracolo italiano››, cioè l’uscita dell’Italia dall’arretratezza economica e la sua trasformazione da paese agricolo a paese industriale in un contesto politico democristiano. Queste congiunture favorevoli, permisero all’impresa e all’industria italiana di presentarsi in modo competitivo nel mercato europeo e internazionale. Un periodo prospero e ricco, con tassi di crescita altissimi e disoccupazione bassa, ma non solo...
Come si è dispiegato il miracolo economico? Quando e come si è esaurito il ritmo di crescita? Sono stati commessi degli errori politici? Si è abusato del benessere prodotto dal miracolo?

 

Fonti:
Paul Ginzborg, Storia d’Italia dal dopoguerra a oggi, società e politica, 1943-1988, Milano, Einaudi, 1989.
Nella foto: operai al lavoro in un cantiere di rimboschimento nella campagna calabrese.

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