La culla per la vita della Clinica Mangiagalli di Milano, ha accolto un altro bambino, il secondo da quando è stata istituita il 20 Novembre del 2007.
Erano le 16:30 di Lunedì, primo Febbraio, quando il medico di turno della clinica milanese, è stato avvisato dal dispositivo attivato sul suo cellulare, della presenza di un bimbo nella culla. Il piccolo, di origine asiatica è stato lasciato in questo luogo sicuro, probabilmente dalla madre, dopo che lo aveva accudito per i primi suoi due mesi di vita. Scritta a penna su un pezzo di carta adagiato nella culla, infatti, la data di nascita: 20 Novembre 2015. Giovanni, così è stato rinominato il bambino dal personale, “era pulito e in buona salute” - riferisce il primario di patologia neonatale Fabio Mosca - “aveva con se 2 pannolini, del latte in polvere e un cartoncino con appuntate le vaccinazioni”. Il piccolo verrà affidato al Tribunale dei minori che lo renderà adottabile, così come è successo all’altro bimbo, accolto nel 2012.
La culla per la vita, da quando è stata messa a disposizione dalla nota Clinica Mangiagalli, aveva ospitato infatti solo un altro neonato, Mario, fino a Lunedì scorso, affinché venisse accudito e successivamente affidato a una nuova famiglia.
La culla è pensata per garantire, assistenza nella massima sicurezza ai neonati abbandonati, nel rispetto della privacy del genitori in difficoltà, è infatti protetta da una tapparella che si alza e abbassa con un pulsante, ed è videosorvegliata solo all’interno. Una volta chiusa la culla tiene il bambino al caldo e al sicuro fino all’arrivo del medici, tempestivamente avvisati. La clinica ha deciso di diventare un punto "Culle per la vita", in seguito all’arrivo di un bambino in fin di vita, abbandonato a pochi giorni dalla nascita, nella spazzatura.
Con l’iniziativa, “Culle per la vita” versione moderna della medievale Ruota deli Eposti, presente in quasi tutte le regioni d’Italia, con undici siti solo in Lombardia, si spera di arginare il più possibile gesti estremi e che la disperazione che li anima possa essere in qualche modo placata dalla consapevolezza di aver lasciato il proprio figlio al sicuro.
Si tratta di una possibilità di accoglienza estrema che mira salvare da luoghi pericolosi i bambini abbandonati.