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Il Pasolini carnale e visionario di Ferrara

Malinconico anticonformista destinato ad una fine tragica

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Lo stile di Abel Ferrara è crudo, nudo, essenziale al limite dello sconcio. Un soggetto come l’ultimissimo scorcio della biografia di Pasolini è dunque pane per i suoi denti: a proposito del regista americano, Wikipedia scrive che è il cantore delle storie interiori di peccato a cui è spesso associata la redenzione. Il suo “Pasolini” non fa eccezione: c’è il livello carnale del peccato e il livello visionario della redenzione. Il pensatore Pasolini è un terzomondista, un amante delle periferie, dell’umanità sublimemente infima, dei vinti; il peccatore Pasolini è soltanto un uomo angosciato, disgustato dal mondo di oggi. Sia il pensatore che il peccatore cercano un rinnovamento radicale nella purezza. Nella pratica intellettuale Pasolini ricerca questa purezza facendo film e scrivendo libri che sono una provocazione forte, scioccante, nei confronti del perbenismo e del benpensantismo, o un inno all’aureo squallore-candore degli emarginati; similmente nella pratica della vita egli, da anticonformista omosessuale, gioca la sua battaglia per la purezza sul campo del sesso: là dove gli altri vedono depravazione, Pasolini vede un ritorno alla naturalità primitiva, ad un mondo senza tabù e finzioni, ad un istinto sessuale innocente, infantile. La pornografia è nell’amore spacciato dalla società borghese, fatto di rapporti mediati, strutturati, convenzionati, mercificati. Ad un Furio Colombo (interpretato da Francesco Siciliano) che, intervistandolo per la Stampa, gli rimprovera un orizzonte oltremodo nichilista, il regista risponde che dire “no” alla contemporaneità, dove tutto è morto, a partire dalla letteratura (“La grande narrazione si è estinta, e noi ne siamo il lutto”), rappresenta già un segno di vitalità, di rinascita.    
Per il magistrale Willem Dafoe, reso somigliantissimo al grande regista e scrittore, una sorta di rimpatriata: con Ferrara aveva già lavorato nel 2011, per il film 4:44 Last Day on Earth. Il suo volto scavato ha molto in comune con quello pasoliniano, salvo che non può riprodurne perfettamente la facies da Jack Palance di borgata, una caratteristica unica del vero Pasolini: unica, proprio perché ne faceva un intellettuale impossibile da riconoscere come tale, nella vita di tutti i giorni, ma soprattutto in quella di tantissime notti. La condizione del Pasolini più segreto, più inaccessibile (potremmo dire del Pasolini notturno), era in fondo simile a quella di un Nerone che, nottetempo, batteva mascherato i bassifondi di Roma alla ricerca di giovani maschi da rendere suoi amanti. Anche il Dafoe-Gesù dell’Ultima tentazione di Cristo era un Messia che, per un attimo, ha desiderato di non essere più riconosciuto come tale: dunque era nelle  corde dell’attore la temperatura emotiva richiesta per un personaggio che abdica alla sua identità per perdersi nell’oblio degli istinti. 
Resteranno nella memoria dello spettatore, oltre alla tragica, cupa, grandiosa scena finale, la sequenza poetica della partita di calcio, in cui si vede il protagonista giocare in mezzo ai ragazzini di una borgata; e naturalmente la partecipazione di Ninetto Davoli, di per sé stessa un omaggio a Pasolini (Davoli era uno dei suoi attori preferiti, insieme a Franco Citti). Qui egli è il personaggio di un film immaginato nella mente del regista: una sorta di re mago improvvisato che, accompagnato dal suo fedele assistente (Scamarcio, che interpreta… Ninetto Davoli!), si mette in marcia sulla scia di una stella cometa, l’anabasi verso l’Epifania del Salvatore. Arrivato nella città dove veniva segnalata la presenza del divin bambino, si imbatte in realtà in una vera e propria Gomorra; falsa indicazione, la cometa continua a vagare in cielo, bisogna continuare a camminare. Alla fine i nuovi Baldassarre e Melchiorre non riusciranno a portare i loro doni al pargolo celeste, ma essersi incamminati in direzione della divinità li avrà elevati al di sopra degli altri uomini (questa condizione di superiorità è rappresentata nel film dalla scalinata), e soprattutto, essere arrivati alla fine del viaggio li avrà resi più forti delle difficoltà e delle traversie della vita: il viaggio, in definitiva, è la vita stessa. Questa storia Pasolini stava ruminando in testa proprio mentre, al lido di Ostia, veniva pestato a sangue, dopo essere stato sorpreso col suo ultimo amante.        

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