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Leggi elettorali 2.0. Marzo 1876, una svolta a sinistra?

Legge elettorale e larghe intese: ieri niente di vecchio, oggi nulla di nuovo.

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Il lungo Ottocento va inesorabilmente concludendosi, le cinque giornate di Milano, i moti del ’48, la guerra all’Austria, Napoleone III, Cavour, Vittorio Emanuele, Garibaldi. L’Italia è – quasi – fatta. Nel 1876 la penisola unificata è un’esile quindicenne. Un’adolescente che necessita di cure e attenzioni, che urge una guida solida che prendendola per mano la accompagni in una sana crescita.

Nel 1876 cade la Destra Storica. Il presidente Minghetti non ottiene la fiducia delle camere e non riesce ad imporsi come arbitro del dibattito sulla statalizzazione delle ferrovie. Minghetti passa in minoranza e Vittorio Emanuele II propone alle camere il leader della Sinistra, Agostino Depretis. I parlamentari accettano senza batter ciglio la decisione di Sua Maestà. Depretis è un uomo dalla personalità decisa e risoluta. Il programma della Sinistra è spiccatamente riformista.

Si prevede una riforma fiscale che gravi sui consumi e non sui redditi, un decentramento amministrativo, un piano per la cultura finalizzato alla lotta all’analfabetismo e una riforma della legge elettorale. La legge Copino – che impone l’obbligo scolastico fino ai 9 anni, introducendo sanzioni per le famiglie inadempienti – non ha efficacia immediata, ma già nel 1900 il tasso di analfabetismo calerà dall’80% circa del 1861 a meno del 50%. La volontà di innalzare il livello culturale della popolazione è rafforzata dai requisiti della nuova legge elettorale. Con Depretis potranno votare tutti i cittadini maschi maggiorenni – cioè coloro che alla data degli scrutini abbiano compiuto 21 anni – , che abbiano frequentato e superato il biennio di scuola elementare o che comunque dimostrino di saper leggere e scrivere. Il censo – cioè la condizione economica minima, espressa con la quantità di tasse pagate annualmente, necessaria per poter votare – è abbassato dalle 40 alle 20 lire e vincolante solo per gli analfabeti. La riforma favorisce un’estensione del diritto di voto e porta alle urne gli operai del Nord: è una ‘svolta a Sinistra’ che nelle successive elezioni porterà in parlamento il primo deputato socialista.

Depretis, grande teologo e mentore della svolta ora teme un eccessivo rafforzamento delle ali estreme. Per controbilanciare la pressione estremista rafforza il legame tra le correnti moderate in un (ancora tacito) accordo trasformista tra moderati di destra, e la sua sinistra, da ora etichettati come centro destra e centro sinistra. In altre parole il primo ministro crea i presupposti per governi dalle ‘larghe intese’ con un centro forte indispensabile per ottenere sempre e comunque i voti necessari alla realizzazione del suo piano d’azione.

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