La Malesia è peculiare nell’intero globo per una media spaventosa relativa ai fulmini.
A dispetto dei venti giorni medi annui nel resto del mondo, ben duecento giorni l’anno la Malesia ha sul capo un cielo che accoglie saette.
E oggi, nella terra dei fulmini, un lampo rosso ha dominato la domenica.
Dopo seicentosettantasei giorni di astinenza, fuori lo Champagne, su i bicchieri: la Ferrari è tornata a dominare.
Sebastian Vettel si prende il posto d’onore del Gran Premio più caldo e stancante del campionato.
Era un’impresa che appariva impensabile lo scorso anno, che appariva poco probabile nei test invernali, che era mediamente palpabile in Australia e che oggi è arrivata e ha scosso tutti. Magicamente, miracolosamente.
La copiosità dei secondi di vantaggio su Hamilton, la strategia ottima delle due soste, la pulizia nella guida, la velocità dei pit stop.
Tutto ha rimandato all’eccellenza e così in quel di Maranello si festeggia: meccanici in piedi sulla tribuna centrale, uomini sotto la rete, Maurizio Arrivabene con le mani tremolanti e il cavallino rampante all’impazzata.
Secondo e terzo posto per Lewis Hamilton e Nico Rosberg, le frecce d’argento che dopo innumerevoli successi si piazzano nei tubi di scarico di Sebastian Vettel e si inchinano alla Ferrari che ha reagito al periodo nero e ha rimesso in discussione tutte le statistiche che precedevano il campionato.
Ma eccellente è stato anche il quarto posto di Kimi Raikkonen, partito in undicesima posizione per una strategia sbagliata in seconda eliminatoria, ma che, nonostante una foratura, ha rimontato di ben dieci posizioni e ora è lì, quarto. Quarto davanti a Bottas e autore in prima linea anche lui della nuova gerarchia, che vede, rispettivamente, Ferrari e Mercedes combattere ad armi pari e precedere le Williams, le RedBull, le STR Renault e, infine, le Mclaren (che proprio non vogliono saperne di vedere punti in campionato).
Gran Premio della Malesia senza mezzi termini, con il disordine della sovrabbondanza: safety car, rovesci in campionato, cambi compulsivi, sfide tra veterani e novellini.
E una sola, paradossale, certezza: l’incertezza delle statistiche.
Perché tutto, in un attimo, può essere rimesso in discussione.